Ciao, io sono Eugenio Radin e questa è la newsletter in cui parlo di filosofia e argomentazione: uno strumento per pensare e per salvarsi dal naufragio. Oggi però è Halloween e non possiamo che parlare di paura!
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Una strana festività
L’aggettivo latino festus, da cui deriva la parola italiana “festa”, indica un qualcosa di gioioso, di gaio, di lieto e di solenne. Un giorno di festa dovrebbe dunque essere un giorno in cui si è solennemente felici.
Può sembrare allora paradossale parlare di “festa di Halloween” - arrabattarsi nel tentativo di associare il sentimento della gioia ad una ricorrenza basata sull’emozione della paura, sull’orrore e sul macabro.
Halloween è una creatura bifronte, il mostruoso tentativo di ricucire insieme due aspetti contrapposti della nostra vita e del nostro universo emotivo; è la creatura di un dottor Frankenstein alle prese con brandelli diversi della nostra interiorità.
Eppure, nonostante i tentativi puritani di additare la ricorrenza come un pericoloso rito satanista e pagano verso cui ogni buon cristiano dovrebbe tenersi alla larga; nonostante l’innegabile rischio di far precipitare questa occasione in un’orgia consumista patrocinata della mefistofelica gilda dei negozianti (rischio che tuttavia Halloween condivide con molte altre feste); nonostante tutti gli improperi che ogni anno vengono lanciati verso questa esecrabile notte, credo che ci sia ancora qualche importante lezione che possiamo sforzarci di imparare da questa strana, stranissima festa.
Al di là dell’apparente antinomia tra gioia e spavento, infatti, trovo molto interessante (e importante) il fatto di dedicare una festa alla paura. Questa emozione primigenia, che molti di noi cercano di allontanare dalle proprie giornate come un ospite indesiderato, è infatti un sentimento naturale che tutti noi ci troveremo a sperimentare frequentemente nel corso delle nostre vite. Per quanto (presumibilmente) non ci troveremo mai di fronte a fantasmi, vampiri, lupi mannari o altre pericolose creature della notte, più di qualche volta nella nostra quotidianità ci troveremo di fronte alla paura. E la cosa peggiore che ci potrà capitare non sarà il fatto di avere paura, ma lo scoprirci incapaci di gestirla - scoprire di non riuscire a controllarla, a comprenderla, ad indirizzarla verso il nostro bene.
Ecco allora perché Halloween può diventare un’occasione importante: perché ci consente di sperimentare questa passione antica e inevitabile all’interno di un ambiente controllato e sicuro; ci permette di prendere confidenza con essa poco a poco, senza il rischio di venirne travolti. Halloween è una simulazione che ci dà la possibilità di educarci alla paura o, per meglio dire, di educare la nostra paura, trasformandola da emozione incontrollata a sentimento capace di guidare alcune nostre scelte.
L’importanza di andare oltre la paura
Dobbiamo anzitutto educarci a non farci vincere dalla paura quando essa rischia di compromettere le nostre scelte razionali.
Viviamo in un’epoca che fa dell’appello alla paura un potentissimo e un pericolosissimo strumento comunicativo: la forza dei messaggi giornalistici e degli slogan politici gioca spessissimo sul tentativo di risvegliare in noi un senso di ansia e di angoscia, così da farci abbandonare la via della razionalità e da farci prendere decisioni di pancia [ndr. alla pericolosità della paura in ambito comunicativo ho dedicato anche uno dei capitoli del mio libro: “Argomentare, Watson!”].
Se è senz’altro vero quanto affermava Quintiliano già nel I secolo, e cioè che «il respiro dell’attività oratoria risiede nei sentimenti», è altrettanto vero che tali sentimenti non devono trasformarsi nello strumento preferito dei nostri dibattiti, specialmente in quelle occasioni che, per via della loro grande importanza, richiedono un confronto il più possibile lucido, razionale e ben argomentato.
Tuttavia non possiamo pretendere che le persone imparino a mettere da parte la paura e ad avere uno sguardo più lucido sui fatti, se a monte non esiste alcuna educazione alla paura - se non ci siamo mai esercitati ad affrontare piccole dosi di paura e a ricondurla alla ragione. Da questo punto di vista, i film horror e altri strumenti tipici della “notte delle streghe” possono risultare incredibilmente utili.
Fa parte della cosiddetta “Terapia dell’esposizione”. Essere esposti a piccoli stimoli spaventosi oggi, può migliorare la nostra reazione emotiva alle paure di domani. Per chi volesse approfondire, invito a leggere questo articolo uscito sul National Geographic.
Noi invece procediamo nella riflessione e analizziamo un altro modo in cui la paura può rivelarsi un fondamentale strumento educativo.
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Il senso del limite e la prudenza
Siamo soliti associare la paura e altri sentimenti simili alla sfera dell’irrazionalità. Ma che la paura sia sempre un qualcosa di irrazionale è un fatto tutto da dimostrare. Personalmente sono convinto che non sia così e che, anzi, nella maggior parte dei casi la paura sia una reazione che ci aiuta a rimanere razionali, a non compiere scelte di cui un domani potremmo pentirci. Probabilmente è questa la funzione biologica della paura: essa si è sviluppata in noi per aiutarci a rimanere vivi. Pensateci bene: per un Sapiens della preistoria cos’era meglio? Prendersi uno spavento di troppo scambiando una macchia di fango per l’impronta di un orso, o addentrarsi senza alcun indugio nella tana dell’orso?
Educare alla paura significa anche capire che a volte è bene avere paura - che a volte questo sentimento può salvarci la vita.
Pensiamo alla fiaba di Cappuccetto rosso che, come molte fiabe, contiene al suo interno archetipi universali. L’iniziale tragedia della piccola protagonista divorata dal lupo è causata a ben vedere da un unico fattore, ovvero dalla sua insufficiente diffidenza nei confronti del bosco. Così come molti bambini, infatti, Cappuccetto Rosso ignora i motivi per cui dovrebbe temere certi comportamenti; non conoscendo i pericoli del mondo non comprende per quale ragione dovrebbe mai tenersi lontana da un qualcosa che potrebbe sembrare allettante. Essa è priva di quell’anticorpo emotivo che il più delle volte rimane comunque un importante deterrente per non agire in modo irrazionale.
Se oggi non accettiamo caramelle dagli sconosciuti; se non ci addentriamo di notte nei quartieri malfamati; se non sfrecciamo ai duecento all’ora su stradine di campagna, ecc. è anche perché siamo stati educati alla paura, ovvero: perché siamo stati educati a provare un senso di istintiva diffidenza verso certi comportamenti potenzialmente pericolosi.
E se è certamente vero che a volte questa paura rischia di trasformarsi in un ostacolo, di bloccarci, di renderci incapaci di superare i nostri limiti e di intraprendere nuovi percorsi, è altrettanto vero che la soluzione non può essere eliminare del tutto questa emozione (è lo stesso discorso dell’orma dell’orso e della sua tana).
L’importante, come dicevamo all’inizio, è che essa venga educata e che venga trasformata da emozione grezza a sentimento raffinato, in grado di suggerirci quando è giusto gettare il cuore oltre l’ostacolo e quando invece è più prudente rimanere all’interno del proprio confine.
La paura, così educata, si trasforma in prudenza. E se l’aver paura è una caratteristica tipica dell’insicuro e del pavido; l’esser prudente è una virtù dell’uomo saggio.
Halloween allora si potrebbe trasformare in un occasione in cui riflettere sulla bontà della paura e della prudenza; sulla necessità di non superare quel bosco oltre il quale si nascondono i lupi.
La hybris e il giusto timore
C’è però un’ultima evoluzione della paura su cui vale la pensa soffermarsi, ed è quella che trasforma il terrore in timore.
Anche se la parola “timore” ha assunto ormai una connotazione negativa, vicina alla viltà, non è sempre stato così, anzi: per gli antichi il timore rappresentava una qualità fondamentale per ogni persona virtuosa.
Per la teologia cristiana, ad esempio, il “timor di Dio” è uno dei sette doni dello Spirito Santo e non consiste, come oggi frettolosamente riteniamo, nell’aver paura di una punizione divina. Il timor di Dio è piuttosto la capacità riconoscere la sproporzione esistente tra l’umano e il divino, tra noi stessi e l’assoluto; nell’accettare la finitezza della condizione umana; nel rispettare i limiti della nostra conoscenza e nel rinunciare alla pericolosa pretesa di voler superare quel limite per poter essere come Dio.
Nel mondo greco antico, il contrario del timore era la cosiddetta hybris: la tracotanza che spinge a varcare quella soglia che sarebbe meglio non varcare: la hybris è quell’arroganza che convince Icaro a tentare di raggiungere il sole e che si trasforma presto nella causa della sua caduta; è quel sentimento che conduce Ulisse a trovare la morte varcando le colonne d’Ercole; è quel desiderio di conoscenza illimitata che induce il dottor Faust a sottoscrivere un patto con il diavolo; è quel senso di onnipotenza che spinge il dottor Frankenstein a superare il confine tra la vita e la morte, generando il mostro che finirà per ribellarsi al suo padrone; è quel senso di superiorità che porta Raskol'nikov a pensare di poter agire “al di là del bene e del male”; è quell’imprudenza che guida Oppenheimer nella fabbricazione della bomba.
Essere timorosi è forse ancora più importante dell’essere prudenti, perché è il timore che ci riconsegna quel dono preziosissimo che è il senso del limite.
Ebbene è proprio la paura che, se ricondotto alla forma del timore, ci distoglie dal commettere peccato di Hybris e che ci insegna i confini della nostra condizione. Halloween forse può insegnarci che c’è un qualcosa di ignoto, di misterioso, di mostruoso, di disumano, che spesso è bene rimanga ignoto. La notte delle streghe può insegnarci il valore invalicabile della nostra finitezza.
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Proprio per prepararmi a questa nottata misteriosa, ho deciso di leggere uno dei romanzi più famosi e apprezzati di Stephen King: Pet Semetary. Credo sia il perfetto esempio di come i temi tipici di Halloween possano intrecciarsi con le riflessioni sulla hybris e sulla funzione educativa del timore.
Il romanzo racconta infatti la storia di Louis, medico dalla mentalità fortemente scientifica e pragmatica, che nel tentativo di superare un trauma familiare finisce per valicare il pericoloso confine tra vita e morte. Le conseguenze saranno terrificanti.
King è senz’altro un grande narratore che sa offrire intrattenimento di qualità. Ma non è solo questo: in alcune opere egli sa trasformare in grandi storie insegnamenti che risultano preziosi anche al di là della letteratura.
Se volete aiutare il mio progetto di divulgazione, potete acquistare il libro anche tramite la mia vetrina Amazon nella quale potrete trovare anche altri consigli perfetti per la notte più spaventosa dell’anno!