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Mariachiara Dondi's avatar

Caro Eugenio, grazie di questo contributo che trovo estremamente interessante e ricco di spunti, come sempre. Aggiungo una nota che può essere vista come una postilla all'argomento della spettacolarizzazione. Riguarda la ricerca ossessiva, da parte sia di chi produce (passami il termine) musica (ma possiamo metterci pure tutte le altre forme d'arte) sia di chi fruisce, dell'emozione o meglio, di una risposta emotiva, di toccare l'emotività. Mi viene in mente un'espressione che io trovo odiosa e che sento spesso nelle clip dei talent che mi passano sotto gli occhi: "Mi sei arrivato, questa canzone mi arriva". Ecco spesso, troppo spesso ci si ferma lì, a quello che arriva, ma poi dove ti porta? Ed è questo il problema: si resta alla superficie dell'emotività che non diventa strumento per andare oltre, per conoscere, ma diventa fine a se stessa.

Non sto negando il ruolo dell'emozione, trovo molto interessanti gli studi di Martha Nussbaum e i lavori di vari filosofi sulla svolta affettiva nel pensiero contemporaneo, anche partiti da un insospettabile John Rawls, ma è quando ci si limita al feeling il problema, a quello stato di sentire che non chiede niente di più, nessuno sforzo, nessun passaggio.

E mi viene in mente un periodo di un libretto delizioso che ti consiglio "Sette brevi lezioni di fisica" di Rovelli che scrive: "Ci sono capolavori assoluti che ci emozionano intensamente, il Requiem di Mozart, l'Odissea, La Cappella Sistina, Re Lear...Coglierne lo splendore può richiedere un percorso di apprendistato. Ma il premio è la pura bellezza. E non solo: anche l'aprirsi ai nostri occhi di uno sguardo nuovo sul mondo".

Questo non significa che la musica o l'arte in genere debba essere tutta comprensibile esclusivamente dopo lunghi sforzi, anzi, ci sono grandissimi artisti, mi vengono in mente in letteratura Jane Austin o Calvino, in musica penso a De Andrè, ma pure allo stesso Mozart, che offrono più livelli di lettura: sono affrontabili da diversissimi background culturali, e il loro bello, la loro genialità sta proprio nel fatto che puoi andare sempre oltre, man mano che cresci, che impari, trovi in loro nuove cose, sfumature, ti portano sempre un po' più in là da dove sei partito. In apparente estrema facilità. Ma è una semplicità stratificata, densa, ricca.

Ciao!

Ciao!

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Lorenzo's avatar

Ciao, ti ringrazio per questa riflessione su un tema importante come la musica.

Complimenti per le argomentazioni e la tua capacità di fare chiarezza, come sempre impeccabili, questi tre punti rappresentano certamente degli elementi importanti per il degrado della musica pop, sebbene non sento di dire che sono esaurienti.

Ciò che sento di criticare è proprio il fatto, da cui tu parti, che la musica (in toto) sia peggiorata. Sento che non abbiamo nulla da invidiare al passato, oggi ci sono ottimi artisti e pessimi artisti così come ieri. In più, oggi godiamo di un'abbondanza di generi e stili senza precedenti: nel seicento c'era solo la musica barocca, oggi abbiamo il pop, l'elettronica, l'ambient, il rock, il metal, il jazz eccetera. Basta essere appassionati di un qualche genere per scoprire artisti estremamente talentuosi e brani veramente curati e profondi. Qualche esempio, per il death metal questa non mi sembra un'epoca oscura: un artista come Igorrr produce brani energici, fantasiosi, imprevedibili ed estremamente studiati. Anche nella musica pop ci sono punte di diamante, per esempio il gruppo La Femme propone brani sempre diversi e mai noiosi, allo stesso modo Jacob Collier. Sotto la patina degli artisti da radio si scoprono gemme.

Il problema è che i buoni artisti sono sconosciuti. Ai suoi tempi Beethoven era una superstar, oggi avrebbe qualche migliaio di ascoltatori su Spotify. Oggi gli artisti piú famosi sono anche estremamente mediocri e quelli che valgono bisogna cercarli faticosamente, e raramente ottengono dischi d'oro e Grammy.

Non sono peggiorati gli artisti ma gli ascoltatori. I grandi non sono famosi e non ottengono premi. Non si deve parlare di decadenza della musica, ma di decadenza dei gusti.

Credo che più che l'elemento fondamentale per la decadenza dei gusti sia il marketing musicale: la musica non é piú pensata come una forma d'arte ma come un mezzo per fare soldi, chi la produce ha la necessità che tutti ascoltino, anche chi non sarebbe disposto. La musica pop oggi é fatta per chi non ama la musica. Molti infatti la vivono solo come sottofondo o per le occasioni conviviali (va bene, ci sta) e praticamente tutta la musica che diventa famosa è fatta per loro (questo non ci sta). Non é questione di politicamente corretto (non c'entra nessuna sensibilità verso gli oppressi), é puro marketing. Una volta era richiesto una certa elasticità mentale all'ascoltatore base, ora si cerca di essere comodi all'orecchio, ottimi al primo ascolto, scaduti dopo due mesi: perfetto dal punto di vista economico. Nell'articolo fai anche riferimento ai nuovi mezzi di produzione della musica, ma anche questo va visto in un'ottica puramente economica. Lo stile non é reso appiattito per dare una possibilità in piú ai cantanti meno talentuosi (chi se ne frega?) ma per produrre brani rapidamente, in modo omologato, in serie, senza ispirazione. Ottimo per gli orecchi piú indisposti e quindi per le tasche dei produttori.

Come dice Rancore, "musica di plastica".

Cosa ne pensi?

Ciao, non vedo l'ora di leggere altri tuoi post!

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