Ciao, io sono Eugenio Radin e questa è la newsletter in cui parlo di filosofia e argomentazione! Grazie a tutti per l’entusiasmo con cui la seguite. Se volete aiutare questo progetto a crescere, potete condividerla con i vostri amici, colleghi e contatti!
Se anche ognuno di voi portasse un nuovo iscritto, sarebbe un regalo meraviglioso. Ma bando alle ciance e passiamo all’argomento della settimana.
Uno scontro tra narrazioni?
C’è una frase di Nietzsche sulla quale torno spesso: quella secondo cui “non esistono fatti, ma solo interpretazioni”. È un aforisma breve ma profondo, che sta alla radice di un relativismo che oggi viene da molti accettato in maniera acritica. Un relativismo che si è pian piano trasformato nella prospettiva più comune dalla quale osserviamo molti dei fatti del mondo, dalle piccole discussioni quotidiane fino alle più ampie riflessioni sulla politica internazionale.
In quest’ultimo campo l’espressione nicciana si traduce nella convinzione secondo cui non esisterebbero Paesi migliori di altri; sistemi politici migliori di altri, ma semplicemente racconti diversi. E noi, vivendo all’interno di uno di questi racconti, finiamo per scambiare la sua persuasività narrativa con la verità.
Lo logica della Guerra fredda, nella quale esisteva un impero del bene contrapposto a un impero del male, è stata sostituita da una prospettiva liquida, in cui l’unica cosa che esiste è la volontà di potenza di differenti nazioni, le quali coprono con narrazioni diverse uguali misfatti.
Nello scenario attuale questo influisce tra le altre cose sull’opinione che molti italiani hanno (il fenomeno non coinvolge solo il nostro Paese ma, per varie ragioni, in Italia tutto ciò è esacerbato) circa le differenze tra Occidente (rappresentato in particolare dalla superpotenza statunitense) e Oriente (rappresentato in particolare dall’asse russo-cinese).
È convinzione di molti il fatto che tra Stati Uniti e Cina, o tra Stati Uniti e Russia, ci possano essere differenze economiche, diversità di interessi, ma che non ci siano differenze valoriali oggettive tali per cui si possa affermare che, nonostante tutto, vivere in California sia meglio che vivere nello Shandong.
Personalmente credo invece che dei fatti su cui basare questo tipo di affermazioni esistano. Anzitutto i fatti della realtà del dolore (ne avevamo parlato qui), ma anche piccoli indizi disseminati nella vita di tutti i giorni.
Oggi vorrei parlarvi proprio di uno di questi indizi. Prima di procedere, però, è importante ribadire il punto di partenza, per non cadere vittime di qualche strawman argument:
Avversare il relativismo non significa diventare incapaci di vedere e di condannare i problemi e le malefatte dell’Occidente. Significa affermare che nonostante questi problemi, su cui siamo chiamati a intervenire, permangono delle gerarchie basate in primis sul rispetto di valori universali, e che queste gerarchie valoriali consentono di affermare che alcuni modelli politici sono preferibili rispetto ad altri - che la differenza tra Europa e Cina non è solo una differenza narrativa, ma una differenza che fonda la propria oggettività su certi fatti.
Per evidenziare questi fatti, come ho già detto, si potrebbe partire da molte cose diverse. Qui partiamo dalla questione dell’Intelligenza Artificiale.
Alcuni test con ChatGPT e DeepSeek
Come saprete, è da poco uscito DeepSeek: il nuovo sistema di intelligenza artificiale sviluppato da una start-up cinese, che a prima vista sembrerebbe più efficiente e più avanzato rispetto ad equivalenti prodotti americani, come ChatGPT.
Le due AI sono simili sotto molti aspetti, ma se faremo qualche test noteremo subito come DeepSeek sia molto meno libera di parlare di temi critici, che potrebbero mettere in cattiva lue il governo cinese. Vediamo qualche conversazione concreta.
1. Censura sui fatti storici
Cominciamo da un esempio che ha circolato molto sul web: se si chiede a DeepSeek di raccontarci cos’è successo in piazza Tienanmen (dove nel 1989 centinaia di manifestanti vennero massacrati dall’esercito cinese), il sistema di AI inizia ad elaborare una risposta, ma poi si blocca e cancella tutto, lasciandoci con questo messaggio:
Ho provato a chiedere a ChatGPT di parlarmi di qualche evento storico che mettesse in cattiva luce l’esercito e il governo americano: il risultato è che ho ricevuto risposte complete e soddisfacenti ad ogni domanda: mi ha raccontato il massacro di Sand Creek, lo scandalo Watergate e i problemi legati all’invasione americana dell’Iraq.
2. Problemi di attualità
Ho provato allora a virare le conversazioni su argomenti di attualità per vedere se cambiasse qualcosa. Magari - ho pensato - è solo Tienanmen il problema! Ovviamente non era così. Guardate cos’ha risposto DeepSeek alla mia domanda riguardate Taiwan:
In questo caso la risposta c’è stata. Peccato che sembri uscita direttamente dal bollettino ufficiale del Partito Comunista Cinese: la questione della sovranità di Taiwan è in realtà ampiamente dibattuta e secondo molti esperti è un punto nevralgico sul quale si giocano i destini dei rapporti tra superpotenze. Sebbene nemmeno gli Stati Uniti riconoscano ufficialmente l’isola come un territorio sovrano (per non scatenare la reazione della Cina), il governo americano si è detto in più occasioni pronto a intervenire militarmente qualora l’esercito cinese provasse ad occuparla. Insomma, la risposta di DeepSeek è una risposta pienamente “cinese”, che non lascia trasparire alcuna problematica riguardo alla questione.
ChatGPT sembra invece maggiormente libero di criticare le scelte geopolitiche del governo americano. Guardate ad esempio come risponde alla domanda riguardante l’indipendenza della Palestina [ricordiamo che gli USA sono storici alleati di Israele, ndr]:
3. Critiche verso il proprio sistema politico
Come se la cavano invece i due sistemi di chatbot con le critiche verso il governo del proprio Paese? ChatGPT è in grado di indentificare ben sei punti, riguardo ai quali la democrazia americana risulta criticabile: problemi di rappresentatività nel sistema elettorale; influenza del denaro nella politica; polarizzazione; leggi restrittive sul voto nei confronti di alcune categorie di persone; debole tutela di alcuni diritti fondamentali; militarismo e interventismo.
Per DeepSeek, invece, il sistema comunista cinese è perfetto così. Non può essere criticato. Non solo, se gli si chiede di parlare del presidente Xi Jinping, il chatbot risponde che tale richiesta va al di là dei suoi scopi.
Fatti tecnologici, fatti politici
Questa mia analisi non vuole in alcun modo trasformarsi in un encomio nei confronti di ChatGPT, verso la quale sono anzi piuttosto critico (ne ho parlato qui), né vuole essere un’apologia dell’America - un ritorno alla logica dei buoni contro i cattivi.
Credo tuttavia che sia importante e onesto sottolineare queste differenze, che non riguardano soltanto le nuove tecnologie, ma che sottendono due diversi modi di guardare alla libertà e che potrebbero rappresentare un serio problema per l’informazione pubblica.
Immaginate di essere un giovane studente che utilizza questi strumenti come motore di ricerca (i dati ci dicono che son sempre di più le persone che utilizzano ChatGPT al posto di Google). Questo di per sé è già un problema (come abbiamo detto qui), ma sarà un problema ancora maggiore nel momento in cui i risultati ottenuti sono filtrati dalla censura e dalla propaganda.
Qualcuno potrebbe dire che la censura c’è tanto da una parte quanto dall’altra, ma è proprio il nostro esperimento a mostrarci che non è così, o per lo meno che da una parte c’è molta più censura che dall’altra.
All’inizio di questa newsletter dicevo che negare il relativismo significa affermare che tra sistemi diversi permangono delle gerarchie basate in primis sul rispetto di valori universali, e che queste gerarchie valoriali consentono di affermare che alcuni modelli politici sono preferibili rispetto ad altri.
Se la libertà di pensiero rimane allora un valore universale, abbiamo trovato un fatto in base a cui poter dire che la differenza tra Occidente e Cina non è soltanto una differenza di storytelling.
La libertà può essere un interpretazione?
Per opporsi a questa conclusione basterebbe in realtà una facile obiezione:
Siamo sicuri che l’importanza della libertà sia proprio un fatto e non sia essa stessa un’interpretazione? Se la nostra fede nei confronti della libertà non si basasse su ragioni universali, ma fosse invece un sedimento culturale? Se credessimo nella libertà semplicemente perché ci è sempre stato narrato che la libertà è importante?
Qui si nasconde il vero cuore filosofico del discorso, ma su questa questione il dibattito è ancora aperto. Per i relativisti, appunto, non esistono valori validi di per sé: essi trovano senso solo all’interno della società nella quale sono stati concepiti. Per i realisti, invece, dovremmo considerare alcuni valori come validi per tutti gli esseri umani, a prescindere dalla loro cultura, dalla loro fede politica, dal loro credo, dalla loro provenienza.
Chiaramente non posso pretendere di avere la risposta definitiva a questa domanda. Tuttavia, personalmente, ritengo ci siano valide ragioni per considerare la libertà un bene per tutti gli esseri umani. Provo ad elencarne qualcuna.
Da una prospettiva storica, molti tiranni che hanno sottratto libertà ai popoli sono stati rovesciati dai loro stessi sudditi, dimostrando così che la sete di libertà esiste anche (e forse soprattutto) tra coloro che ne sono privi.
Dalla Rivoluzione francese alla lotta per i diritti civili negli Stati Uniti, passando per le Primavere arabe, la storia mostra che popolazioni molto diverse tra loro si sono battute per ottenere maggiore libertà. Questo suggerisce che il desiderio di libertà non sia confinato a una specifica cultura, ma sia invece una costante nella storia umana.
Esistono diversi studi di psicologia che hanno mostrato una qualche correlazione tra libertà e felicità. E. Deci e R. Ryan, ad esempio, hanno elaborato una teoria per mostrare come le persone che hanno al libertà di scegliere il loro percorso di vita risultino poi più motivate.
Le neuroscienze hanno indicato, ad esempio tramite gli esperimenti sull’impotenza appresa, che più si riduce la nostra libertà su eventi esterni, più facilmente incorreremo in problemi come stress, ansia e depressione.
La libertà di parola e di pensiero avrebbe infine un vantaggio evolutivo, se si pensa che molte situazioni di progresso scientifico, tecnologico, storico, ecc. sono derivate dalla capacità (e dalla possibilità) di alcune persone di pensare fuori dagli schemi e di sviluppare e di esprimere un punto di vista diverso rispetto a quello della maggioranza.
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A termine di questa lettura vi consiglio un film che è un vero e proprio inno alla libertà: Papillon, di Franklin Schaffner (da non confondere con il pessimo remake del 2017). Non vi anticipo nulla: gustatevelo e respirate la sete di libertà che trasuda. Forse non è un capolavoro, ma è senz’altro un film cult, che fa sentire vivi. Buona visione!
Questa analisi è fatta su dati facilmente verificabili ma anche gli algoritmi dei social soffrono di influenze esterne che tendono a spostare la viralità dei contenuti. E attualmente sono molto più utilizzati delle IA.
Spero che finalmente si crei la consapevolezza che siamo manipolati.
UN ALTRO ARTICOLO MOLTO INTERESSANTE! SEI IN GAMBA EUGENIO