Buongiorno!
Io sono Eugenio Radin e questa è la primissima puntata della mia newsletter: benvenuto a bordo! Ora, leviamo l’ancora.
Quando si parte per un nuovo viaggio, quando si inizia un nuovo progetto, la prima domanda che ci viene in mente, solitamente, è questa: Dove vogliamo andare?
Oggi però, vorrei proporti di invertire la prospettiva.
Chi come me ama camminare in montagna, sa che, a prescindere dalla destinazione, è fondamentale scegliere con cura il punto di partenza.
Da dove parte il pensiero?
Nell’accingermi a partire per questa nuova avventura dunque, non voglio speculare su obiettivi e direzioni, ma preferisco iniziare domandandomi quale possa essere il giusto punto di partenza da cui muovere i primi passi. E per rendere la domanda più utile e interessante anche per te che stai leggendo, potrei formularla in questo modo:
Da dove si parte, per iniziare a filosofare?
“La filosofia origina dalla meraviglia”, diranno gli amanti di Aristotele.
Sì, certo. Ma ciò che mi sto chiedendo è qualcosa di diverso: in quale spazio, in quale luogo, in quale contesto, questa meraviglia può trasformarsi in una riflessione sensata e argomentata?
I filosofi del passato ci offrono due visioni contrapposte, che oggi vorrei esaminare assieme a te.
Zarathustra: la solitudine della montagna.
Giunto a trent’anni, Zarathustra lasciò il suo paese e il lago del suo paese, e andò sui monti. Qui godette del suo spirito e della sua solitudine, né per dieci anni se ne stancò.
Così inizia il più celebre tra i testi di Friedrich Nietzsche: “Così parlò Zarathustra”.
Un incipit poetico, che suggerisce un punto di vista secondo cui il pensiero inizia dalla solitudine, dall’introspezione.
Quella del saggio che si allontana dal mondo è un’immagine che ci è molto familiare: si pensi agli antichi profeti, a Siddartha, a Mosè sul Sinai, ma anche alle esperienze di pensatori più contemporanei: dal capanno di Henry David Thoreau - che per due anni si ritirò a vivere in semisolitudine sulle calme rive del lago di Walden - alla Hütte nella Foresta Nera dove Martin Heidegger compose alcuni dei suoi capolavori filosofici, lontano dal chiacchiericcio delle aule universitarie.
Secondo questa immagine dunque, l’esperienza del deserto - del rimanere da soli con i propri pensieri, con le proprie angosce, con le proprie domande, è l’unico modo per costringersi a pensare.
Un’immagine molto diversa da quella socratica.
Socrate: il fragore del porto.
Gli incipit dei dialoghi platonici, meno poetici di quelli nicciani, sono solitamente poco considerati. Siamo portati a pensare che siano semplici contestualizzazioni, inserite nel testo per introdurci a ciò che verrà dopo. Ma se qualcuno si è preso la briga di scriverli, in un’epoca in cui non esistevano né la stampa né la carta a buon mercato, forse dovremmo prestar loro più attenzione.
Guardiamo allora all’inizio di due tra i più importanti testi platonici.
Ecco l’incipit del Simposio:
[…] Mi trovavo tempo fa a salire dal Falero alla città.
Ed ecco anche l’incipit della Repubblica:
Discesi ieri al Pireo con Glaucone.
Ora, per chi se lo stesse chiedendo: il Falero e il Pireo non sono altro che i due principali porti dell’Atene dell’epoca.
Le ricchissime riflessioni filosofiche che prendono il via da questi due incipit - quelle lunghe discussioni sull’Amore e sulla Politica che da millenni vengono studiate da generazioni di studenti - iniziano dunque entrambe in un porto: un luogo affollato di gente, di merci e di idee; un ambiente di scambio e di confronto; il posto in cui i marinai imprecano sotto al sole, i mercanti gridano per attirare i clienti e le navi portano a tutti le notizie che arrivano dal mare.
Tutto ciò è l’esatto opposto di una montagna solitaria.
Per Socrate (e per il suo allievo Platone) dunque, la filosofia non inizia dal ritiro silenzioso, ma dallo stare in mezzo alla gente.
Pensare significa, insomma, entrare in relazione (con un idea, con una persona, con una realtà); significa dia-logare, cioè costruire un discorso su più voci.
La nostre montagne e i nostri porti
Per pensare bisogna dunque abitare il mondo, i suoi problemi reali, la sua contemporaneità? O bisogna invece ritirarsi da quel frastuono di opinioni dentro il quale è così difficile poter ascoltare la flebile voce della Verità?
Queste due visioni, per molti versi contrapposte, sono in realtà complementari. E lo dimostrano proprio gli stessi testi da cui siamo partiti.
Se Zarathustra, dopo aver acquisito la saggezza, torna alla città per predicare (non si può infatti essere profeti se nessuno ascolta le proprie profezie), Socrate da parte sua, prima di prendere parte al ricco banchetto in casa di Agatone, si sofferma per lungo tempo a pensare, fuori dalla soglia, in compagnia soltanto del proprio demone interiore, senza preoccuparsi degli altri ospiti del convivio che stanno attendendo soltanto il suo arrivo per dare il via alla serata.
Certo, qualcuno di noi si troverà più a suo agio a riflettere attorno a una tavola imbandita. Qualcun altro preferirà il silenzio di un rifugio di montagna. Ma se vogliamo iniziare a filosofare, non possiamo rinunciare a nessuno di questi due luoghi.
La filosofia è un percorso che ha bisogno tanto di una dimensione sociale quanto di una dimensione interiore.
Chiaramente, la montagna e il porto sono due simboli e ognuno di noi ha la necessità di individuare quali sono i nostri porti e qual è la propria montagna.
Internet, i Social Network, i giornali, la TV, sono tutti porti contemporanei, in cui Socrate non avrebbe disdegnato una passeggiata.
Anche leggendo questa newsletter, ti stai interfacciando con una piccola nave di quel grandissimo porto che è il web; con un’idea a cui magari non avevi mai fatto attenzione.
Quest’idea però, per diventare un pensiero capace di dare frutto, deve ora essere portata sulla montagna: devi rifletterci in solitudine e in silenzio, ascoltando i tuoi pensieri, esercitando la tua razionalità, senza lasciarti distrarre dal chiasso e senza lasciarla andare prima che ti abbia dato qualcosa.
Una volta meditata, se ti farà piacere, potrai tornare alla città. 😊 Nel farlo, potrai condividere questa mia newsletter e lasciarmi un commento per farmi sapere cosa ne pensi! Essendo appena partito, farò tesoro di tutti i tuoi suggerimenti!
Alla fine di ogni newsletter vorrei salutarti con un consiglio: un libro, un film, un qualcosa che mi ha ispirato in questi giorni.
Vista la recente scomparsa del grande Cormac McCarthy non posso che iniziare consigliando uno dei miei romanzi americani preferiti: “Meridiano di Sangue”.
Questo libro è, per usare le parole di Harold Bloom, violento, necessario, apocalittico.
Una scrittura maestosa, un respiro biblico, un testo che ci parla del Male ammiccando a Shakespeare, a Faulkner, a Melville. Meraviglioso.
Noi ci rileggiamo tra 15 giorni, a presto!
a parte il piacere di leggere ciò che scrivi in questa tua prima newsletter, trovo buffo farlo mentalmente con la tua voce che sono ormai abituata a sentire in Instagram! Complimenti per la chiarezza con cui parli di un argomento a me sconosciuto, come la Filosofia. Elena
Il mio "porto": i miei social network, il luogo dove lavoro, la mia famiglia, i miei amici.
La mia montagna: il mio diario. Credo molto nella "diarioterapia", prima e dopo l'agorà.
Grazie per i tuoi spunti. Una cosa ancora (fil rouge): "Meridiano di sangue" di Cormac McCarthy? Rilancio col "Demone Meridiano" di Albert Camus ☀️