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Io sono Eugenio Radin e questa è la newsletter in cui parlo di filosofia e argomentazione: uno strumento per pensare e per salvarsi dal naufragio! Se ancora non lo fai, ti invito a seguirmi anche sui miei profili Instagram e TikTok. Puoi cercarmi come “white whale cafe”! 🐋
Un desiderio umano, troppo umano
Sin dalla notte dei tempi desideriamo conoscere il nostro futuro. Oracoli, indovini, profeti, astrologi, veggenti, cartomanti e chiromanti hanno accompagnato ogni epoca della storia dell’uomo. Nei secoli, abbiamo cercato il vaticini nelle stelle, nelle sfere di cristallo, nelle linee delle mani, nelle interiora degli animali, nei fondi del caffè, nei tarocchi e nelle carte. Da Tiresia al Dottor Manhattan, il nostro immaginario è affollato di personaggi a cui è concesso questo superpotere da noi tanto agognato.
Anche oggi, in un mondo in cui il fascino della magia e delle arti divinatorie è notevolmente diminuito (seppur non sia mai del tutto scomparso), continuiamo a ricercare il futuro nei sondaggi, nelle previsioni di politologi e opinionisti, nella parola degli esperti della disciplina del momento.
Ma la forza di questo desiderio, la sua hybris oltreumana, questa volontà di superare i limiti di ciò che possiamo conoscere per poter sbirciare un pelo più in là, ci ha resi ciechi a un fatto:
che, nonostante tutte le nostre previsioni, siamo sempre stati incapaci di indovinare cosa il futuro ci prospettasse.
Da Creso a Robert Kaplan
Si dice che un giorno Creso, il ricchissimo Re della Lidia, intenzionato a muovere guerra contro i persiani, si recò presso l’oracolo di Delfi, dal quale ricevette questo responso: “Se Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un grande impero”. Convinto che l’impero al quale la Pizia faceva riferimento fosse quello di Ciro, Creso varcò il fiume, condusse i suoi eserciti alla guerra… e ricevette una sonora sconfitta. Il grande impero caduto non era quello persiano, ma il suo!
Facciamo ora un salto in avanti di qualche millennio:
È il 1994 e il politologo statunitense Robert Kaplan scrive un articolo sul The Atlantic, nel quale cerca di prevedere cosa accadrà nel mondo agli inizi del nuovo millennio. L’articolo di intitola “The Coming Anarchy”, il che può già far indovinare la natura del contenuto.
Kaplan prevedeva per i primi decenni del XXI secolo che l’AIDS avrebbe fatto sempre più vittime; che le città americane avrebbero conosciuto un grave aumento della criminalità; che la Nigeria avrebbe conquistato gli stati confinanti; che la Cina e gli Stati Uniti si sarebbero spaccati; che il confine con il Messico sarebbe stato ridisegnato; che ci sarebbero state guerre per l’acqua e tutta una serie di altre sventure.
Siamo ormai a un quarto di secolo e, grazie al cielo, nulla di tutto ciò si è verificato, anzi, molte cose sono andate proprio nella direzione contraria di quella prevista da Kaplan.
Si potrebbero fare moltissimi altri esempi: dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale alle vittorie della Brexit e di Donald Trump, ma il dato resta uno: nel bene e nel male facciamo un’estrema fatica a prevedere cosa il futuro ci riserva. Ma quindi, cosa possiamo fare? Come primo passo, potremmo evitare due atteggiamenti dannosi, uno comunicativo e uno più filosofico.
1. Attenzione ai piani inclinati: si scivola!
Molti di noi a scuola hanno studiato le leggi fisiche applicate ai piani inclinati, ma in pochi sanno che “piano inclinato” è anche il nome di una delle fallacie argomentative più usate nel dibattito pubblico; di uno degli errori comunicativi che più inquinano il nostro dialogo e che sono responsabili delle nostre previsioni scorrette sul futuro.
In cosa consiste questo sgambetto, noto anche come “pendio scivoloso” o “brutta china”?
Nel criticare un’idea mostrando come questa darà il via a una serie di conseguenze sempre più negative, fino ad arrivare a una situazione altamente indesiderabile. Facciamo qualche esempio frequente:
Legalizzare le droghe leggere porterà certamente a un maggior consumo di queste; creerà un precedente con il quale un giorno si finirà per legalizzare anche le droghe pesanti; il numero di tossicodipendenti in questo modo aumenterà e ciò porterà a un’aumento della spesa pubblica per il sociale e per la sanità e il nostro Paese sarà presto più dipendente, più povero e più malato. Quindi meglio non legalizzare le droghe leggere.
oppure:
Se non studierai di più, prenderai molte insufficienze, verrai bocciato e le persone inizieranno a considerarti una persona poco intelligente; un domani faticherai a trovare un lavoro; dovrai accontentarti di un qualcosa che non ti piace veramente fare e la tua vita sarà più triste. Quindi mettiti a studiare!
In realtà non è difficile accorgersi di cosa non vada in questo genere di ragionamenti: la catena di conseguenze, presentata come ovvia e inevitabile è in realtà del tutto arbitraria e spesso addirittura improbabile. È, cioè, soltanto uno dei possibili scenari che si possono percorrere e spesso sta a noi scegliere quale strada intraprendere di fronte a un certo fatto. Una catena di cause ed effetti molto fragile è dunque qui presentata come necessaria, come un piano inclinato che, accelerando sempre più, ci porta a schiantarci contro un muro.
In molti casi questa fallacia è utilizzata con intenzionalità da chi ha interesse a confutare l’idea di partenza, ma altre volte il suo uso diventa inconsapevole ed è da ricollegare a ciò di cui discutevamo nella scorsa newsletter: la tendenza tutta umana a ritenere le conseguenze negative molto più probabili di quelle positive e ad avere dunque una visione falsata non soltanto del presente, ma anche del futuro.
Ma che sia utilizzata consapevolmente o meno, questa tecnica ci porta a scambiare certe previsioni del tutto evitabili come scenari inesorabili e a basare su di essi le nostre azioni, distruggendo i nostri regni o terrorizzando i nostri lettori.
2. Liberi o predestinati?
Un altro atteggiamento che trovo molto dannoso da questo punto di vista è quello di chi si abbandona a uno scoraggiato fatalismo, come se la nostra vita fosse ormai predestinata, come se il futuro fosse già scritto, come se fossimo eroi tragici nelle mani di un Fato più potente degli stessi Dei.
Il dibattito filosofico che contrappone il libero arbitrio a un marmoreo determinismo è in verità assai complesso e il suo esito non è per nulla scontato. Forse aveva ragione Vonnegut quando scriveva che siamo tutti insetti intrappolati nell’ambra, in un futuro che è già dato. Ma non si può negare che, per lo meno da una prospettiva umana ed esperienziale (ed è di questa che si parla nella maggior parte dei casi in cui si cerca di indovinare cosa sarà di noi), le nostre azioni possano avere grandi conseguenze sul domani.
Ed è proprio questo il punto che non dovremmo dimenticare! In un famoso bestseller è scritto: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete”; la saggezza popolare aggiunge: “Aiutati, che Dio ti aiuta”. Cosa significa?
Significa che anziché sforzarci inutilmente di indovinare quale futuro il destino ci riserva, dovremmo chiederci con maggior forza quale futuro vogliamo costruire e in che modo. Noi, con i nostri sogni, le nostre ambizioni, le nostre azioni e le nostre capacità.
Da Creso ad Alessandro
Come abbiamo detto, Creso cercò di sconfiggere i persiani affidandosi alle ambigue sentenze dell’oracolo e fallì miseramente. Due secoli più tardi un altro importante personaggio ci riprovò con successo. Si chiamava Alessandro e sarebbe passato alla storia come “Magno”: il grande.
Anche Alessandro Magno, prima di partire per la Persia, si rivolge all’oracolo di Delfi per sapere se la sua missione sarebbe andata a buon fine. L’oracolo, com’era tipico, stette sul vago, senza dare una risposta vera e propria al suo interlocutore. Al che, si racconta, il Re macedone prese la Pizia per i capelli e la trascinò fuori dal tempio finché la profetessa non fu costretta a dare un responso, questa volta molto diretto e preciso: “Sei invincibile, figlio mio!”.
Ok: son modi discutibili, che maniere! Ma erano altri tempi. Ciò che conta però è il messaggio che questo aneddoto può trasmetterci:
Non dovremmo attendere che il futuro parli per noi, che qualche profeta ci dica come andrà la nostra vita. Se vogliamo evitare che il domani ci prenda alla sprovvista, dovremmo prenderlo per i capelli e decidere noi dove portarlo.
Guardatevi dai falsi profeti!
Attenzione: ciò significa che dovremmo ignorare ogni ipotesi, considerare falso ogni scenario; diffidare di ogni modello predittivo? Certo che no: ed è bene specificarlo. Pronosticare l’andamento di una malattia ci aiuta a trovare la miglior cura per sopravviverle; intuire le mosse del nemico ci aiuta a vincere la guerra; prevedere come andrà il mondo ci aiuta a farci trovare preparati per affrontare i cambiamenti. Quindi no, non sto dicendo che dovremmo vivere il presente e farci beffa di ciò che verrà.
Ma che dovremmo sempre tenere a mente tre cose:
Che le nostre congetture hanno al loro interno una percentuale più o meno grossa di imprecisione e di fallibilità. Siamo uomini, non Dei.
Che non dobbiamo portare la nostra strada su piani inclinati e pendii scivolosi, spacciando per conseguenze inevitabili quelle che sono soltanto delle arbitrarie possibilità.
Che in nessun modo le nostre previsioni sul futuro dovrebbero spingerci all’inazione e farci dimenticare che buona parte del futuro continua a essere nelle nostre mani.
Il bestseller già citato prosegue il brano con un’intimazione divenuta celebre: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci”. Ma chi sono, oggi, i falsi profeti?
Forse, tutti coloro che cercano di convincerci che il futuro andrà in un determinato modo e che noi non possiamo fare nulla per evitarlo. Tutti coloro che sanno già cosa aspettarsi dalle nostre vite. Tutti coloro che per interesse o per pessimismo, disegnano piani inclinati cercando di convincerci a non intraprendere strade in salita. Tutti coloro che, annichilendo la nostra fiducia in noi stessi, ci spingono verso una pericolosa inazione.
Guardatevi dai falsi profeti!
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A proposito di futuro, di vaticini, di sentenze, di predestinazione e libero arbitrio, non posso non consigliarvi quella che è probabilmente la mia tragedia shakespeariana preferita: il Macbeth, un’opera meravigliosa e piena di risvolti filosofici.
Scozia, Basso Medioevo. Macbeth, condottiero di ritorno dalla guerra, riceve una profezia dalle streghe: presto sarà Re. Ma questa sentenza di gloria si muterà ben presto in tragedia; in una lotta tra libertà e destino, che rappresenta la caratteristica di ogni eroe tragico da Edipo in avanti. Una lotta che consumerà Macbeth conducendolo al delirio e alla sconfitta.
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La vita ti insegna che spesso le nostre aspettative per il futuro vengono disattese; la vita è sorprendente, ci coglie impreparati di fronte ai nostri fallimenti e alle sofferenze e perché no, anche ai momenti di gioia (che evidentemente hanno un'incidenza positiva). Che dire ... è sicuramente importante valutare a priori le conseguenze delle nostre scelte e dei nostri comportamenti, ma senza dare nulla per scontato, comprese le relazioni. Poi, per quel che mi riguarda ho una sufficiente dose di fede per affidarmi alla Provvidenza (per gli amici Provvi) e vivere il presente (qui ed ora) con la giusta intensità. ciao