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Alessandro Doria's avatar

Ciao Eugenio,

trovo interessante quanto riporti.

Mi permetto solo di aggiungere alcune considerazioni, basate sulla mia esperienza che tuttora svolgo nell’ambito dell’immigrazione.

L altro è sempre altro, indipendentemente dal suo status di immigrato.

Non voglio con ciò sminuire la portata di sofferenza che la maggior parte di loro porta con sé’.

Credo però che anche Levinàs intendesse proprio questo: anche mia moglie e i miei figli sono altro e l incontro con il loro volto mi pone di fronte alla necessità di provare a far coesistere dei mondi così diversi fra di loro.

La seconda cosa è che vorrei aggiungere e’ la seguente: anche io sono altro per chiunque mi incontra, immigrato compreso.

Così come anche io ho un volto.

Arrivo al dunque.

La politica, penso di poterlo asserire, deve tenere in piedi le due istanze in quanto ognuno di noi incontro un altro e noi siamo altro per chi incontriamo.

Non so quale possa essere la soluzione, però, operando nell’inserimento lavorativo di molti immigrati, spesso mi accorgo che per loro non siamo altro, tantomeno un volto.

E qui si deve ancora ipotizzare in quale maniera si possa realmente agire, senza dimenticarci dell altro è del nostro essere altro.

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Federica's avatar

Caro Eugenio,

Che bel lavoro che hai fatto con questa newsletter.

Finale tuttavia appena abbozzato. Mi spiego.

Tu parli giustamente di pre-politica. La politica divide, guarda alla collettività più che all' individuo etc.

Tutto giusto. Eppure l’esperienza pre-politica senza la politica è come un campo che non verrà arato, una regola che non verrà mai implementata. La tua esperienza pre-politica esige una scelta politica. Forse non esiste una sola scelta politica compatibile con il rispetto dell’Altro ma possiamo ben concordare che molte politiche le possiamo intanto tagliare fuori perché l’Altro non lo contemplano affatto.

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