Perché tifare il Milan?
Don Giovanni Barbareschi, prete partigiano che durante le persecuzioni fasciste aiutò decine di ebrei italiani a fuggire oltre il confine, in una conferenza in cui parlava della libertà, raccontava che la prima volta che si era interrogato su questo tema era stato quando aveva cercato di ricordare per quale ragione tifasse il Milan [vado a memoria e non seguo il calcio, quindi potrei sbagliare squadra, ma il senso del discorso non cambia].
Dopo qualche attimo di riflessione si era reso conto che l’unico motivo per il quale aveva iniziato a tifare il Milan era il fatto che suo fratello tifava l’Inter.
Alla base del tifo non c’era nessuna motivazione oggettiva, nessun’analisi tecnica delle capacità di gioco dei vari calciatori e delle diverse squadre, ma soltanto il contesto famigliare in cui questo tifo era maturato. Si era reso conto, insomma, che quella scelta non era una scelta libera. Anzi, che non era nemmeno una vera scelta.
Perché ci tengo a raccontarvi questo aneddoto in un articolo che tratta dell’insediamento di Trump? Perché quando si tratta di formarsi opinioni sul mondo le nostre scelte assomigliano molto spesso al tifo calcistico di Giovanni Barbareschi: non sono idee libere, ma fumose - pregiudizi derivati dal contesto culturale nel quale viviamo e sul quale non abbiamo quasi mai uno sguardo critico. Ma facciamo marcia indietro e partiamo dall’inizio.
Stessa notizia, due diverse opinioni
Il 20 gennaio è stato il giorno dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca: un evento che, per via delle grosse conseguenze che porta con sé, è diventato presto la notizia della settimana.
Quando accadono avvenimenti come questo mi piace fare un esercizio di pensiero critico e leggere la notizia su diversi giornali, con posizionamenti diversi sul piano politico: l’ideale sarebbe acquistare un giornale di destra, uno di sinistra, uno centrista e aggiungere magari un’agenzia di stampa e qualche media straniero, ma sarebbe già un buon obiettivo informarsi su due fonti diverse.
Questa volta sono riuscito ad accaparrarmi due quotidiani: il Giornale, di chiaro orientamento conservatore, e Domani, di chiaro orientamento progressista.
Vediamo allora in che modo, lo stesso fatto, viene trasformato in due notizie di carattere diverso a seconda della testata che si ha di fronte.
Partiamo da Domani che, fin dalla prima pagina, tende a dipingere l’insediamento di Trump come un evento minaccioso e temibile.
Il titolo recita: «La notte dell’America» e viene accompagnato dalla foto di una tenda nera che sembra chiudere il sipario sulla bandiera statunitense: un’immagine senz’altro efficace, ma con un evidente contenuto emotivo.
Se passiamo a Il Giornale ci accorgiamo da subito che la sensazione è diversa:
Il titolo è più neutrale (o più ottimista, a seconda di quale riteniamo essere il punto di partenza della rivoluzione in questione) e l’immagine scelta è solare, trasmette un’idea di sicurezza, di fiducia, di senso del comando.
Se passiamo ad analizzare l’articolo di apertura dei due quotidiani (che, a differenza degli editoriali, solitamente ha il semplice compito di presentare al lettore i fatti), la differenza viene sottolineata ulteriormente.
L’articolo del Domani si intitola «Dio, patria e deportazioni», titolo che richiama, in forma ancora più negativa, lo slogan ampiamente utilizzato dal fascismo: “Dio, patria e famiglia”; nel sottotitolo si avverte che gli ordini esecutivi firmati dal neo-ex-presidente hanno già iniziato a «picconare le basi della struttura democratica Usa»; l’intero testo tende a gettare una luce di sospetto sulla vicenda Trump tramite l’utilizzo di formule retoriche (es: «ha subito fatto roteare la mazza ferrata del potere esecutivo per darla in faccia ai suoi nemici»), la sottolineatura degli aspetti più negativi della figura di Trump (es: «Innanzitutto è un pregiudicato, condannato senza pena […] per 34 capi di imputazione») e suggerendo una certa sfiducia da parte dei membri del suo stesso partito (es: «Diversi senatori repubblicani […] hanno criticato la decisione [di Trump] di permettere alle compagnie che distribuiscono l’app [TikTok] di continuare a farlo […] a dispetto di una legge votata da una schiacciante maggioranza»).
Se passiamo a il Giornale, gli stessi fatti sono presentati in modo diverso, tacendo alcuni elementi e sottolineandone altri, più favorevoli al presidente. Il titolo: «Schiaffo alle élite estremiste» suggerisce che il nemico dell’America siano le élite di democratici (non importa che esistano anche élite repubblicane, e molto potenti) e che queste élite sarebbero composte da estremisti, nei confronti delle quali Trump apparirebbe dunque come un moderato riconciliatore.
I toni, come dicevamo, sono diversi, più neutrali, e tendono a sottolineare dettagli positivi (es: «Accolto dagli applausi dei presenti […] e un’ovazione alla Capital One Arena»). Infine, al lettore viene suggerito che «le dichiarazioni inaugurali di Trump» siano state «un modo fantastico per iniziare i prossimi 4 anni».
Se passiamo all’editoriale, firmato dal direttore Alessandro Sallusti, la presa di posizione è ancora più decisa e il «buon senso dei conservatori» viene contrapposto alla «frustrazione delle sinistre», che avrebbero costruito negli USA un «impianto economico, politico e culturale […] rivelatosi fallimentare».
Come ci formiamo un’opinione?
Probabilmente a questo punto avrete già iniziato a giudicare le due notizie, a indignarvi o ad applaudire, ma provate a fare un esperimento mentale: fingete di essere completamente digiuni di politica. Anzi, immaginate di aver vissuto, per diversi decenni, in una qualche villaggio aborigeno in mezzo alla foresta e di aver appena messo piede nella società. Ovviamente non sapete nulla di Trump, né di Biden, né di cosa significhi “democrazia”, né dello scenario internazionale che circonda la politica americana. Così, per iniziare a farvi un’idea, vi recate nell’edicola più vicina, acquistate un quotidiano e iniziate a leggerlo.
Essendo il vostro cervello ancora vergine da giudizi, inizierete a formarmi una piccola idea in quel momento, sulla base di ciò che leggete, ma questa idea sarà molto diversa, a seconda che acquistiate un quotidiano pro o contro Trump. E se il giorno seguente acquisterete lo stesso quotidiano, e il giorno dopo ancora inzierete a discutere con qualche altro suo lettore, la vostra opinione diverrà sempre più solida. Ad un certo punto comincerete a pensare che chi la pensa diversamente stia cercando di oscurare la verità, di prendervi in giro e lo allontanerete da voi, rinchiudendovi sempre di più all’interno di una bolla sociale costituita di persone che la pensano esattamente come voi.
Bene: anche se probabilmente nessuno di voi ha mai vissuto in una tribù aborigena, il modo in cui si è formata la nostra visione del mondo non è molto diverso da ciò che abbiamo appena raccontato.
Se ci chiediamo “perché leggiamo un certo giornale e non un altro?”; “Perché guardiamo una certa trasmissione e non un altra?”; “Perché abbiamo una certa idea politica e non un’altra?” Le risposte che ci daremo potrebbero assomigliare molto a quella di Don Giovanni Barbareschi riguardante la sua fede calcistica: leggiamo quel quotidiano perché è quello che nostro padre ha sempre portato a casa; guardiamo quella trasmissione perché è quella che guardano anche gli altri nostri colleghi o amici; abbiamo una certa idea politica perché facciamo parte di una bolla sociale.
Non ci credete? È normale: tutti fatichiamo ad ammettere che le nostre idee non siano frutto di una scelta libera. Ma provate a rispondere a queste domande: se vi sentite di destra, quante volte vi capita di acquistare la Repubblica? Se vi sentite di sinistra, quante volte vi è capitato di ascoltare il Tg4 o di leggere Libero? Se vi sentite di sinistra, avete mai letto per intero il programma politico di Fratelli d’Italia? Se vi sentite di destra, avete mai assistito a un intero comizio del PD? Quante persone nel vostro giro stretto di amicizie, hanno idee politiche contrarie alle vostre? La vostra fidanzata, vostro marito, appartengono alla vostra stessa parte politica?
Certo, esistono delle eccezioni, ma per la maggioranza dei casi la nostra fede politica (e in questo senso mi piace sottolineare il termine fede) non è costruita su un libero confronto di opinioni, ma è il frutto della sedimentazione culturale del contesto nel quale siamo vissuti. Per dirla in altri termini: se da anni leggiamo solo giornali conservatori, guardiamo solo programmi tv conservatori, usciamo soprattutto con amici conservatori… avremo altissime probabilità di formarci idee conservatrici. E viceversa.
Esercitare il libero pensiero
Di fronte a questa constatazione, dovremmo fare lo sforzo di prendere la distanza dalle nostre idee e di provare a esaminarle con occhio critico. Ciò non significa evitare di schierarsi, non prendere mai posizione, correre eternamente dietro a una bandiera bianca come la folla degli ignavi di dantesca memoria.
Al contrario, schierarsi è bene - maturare una certa idea politica è importante. Ma questo dovrebbe avvenire solo a seguito di una valutazione il più possibile distaccata dei diversi punti di vista. Una valutazione che, è bene dirlo, non termina mai: anche quando ci sembrerà di essere certi, al cento per cento, delle nostre convinzioni, sarebbe saggio lasciare la porta socchiusa al dubbio.
Come fare? Credo si possa iniziare da alcuni semplici esercizi quotidiani. Provo a proporre qualche esempio:
Una volta alla settimana, prova ad acquistare un quotidiano che solitamente non leggi, di un orientamento diverso dal tuo, e a leggerlo sforzandoti di trovare almeno un’affermazione con cui ti trovi d’accordo. Essere sempre totalmente d’accordo o totalmente in disaccordo con una fonte è il primo sintomo di ideologia.
Lo stesso discorso vale per i programmi tv.
Prova a cambiare il tuo feed sui social, ad esempio eliminando alcuni account che segui da tempo e provando a seguire dei nuovi content creator che non la pensano come te. Se quando scorri il tuo feed ti capitano solo video con cui potresti assentire, sei caduto in pieno dentro alla bolla.
Quando senti un’opinione diversa dalla tua, prima di pensare a come controbattere, prova a chiedere al tuo interlocutore di spiegarti meglio come è arrivato a sviluppare una certa idea, chiedendogli di ricostruire il suo ragionamento. Potrebbe essere utilissimo sia per te che per lui.
Le opinioni hanno tutte uguale validità?
L’ultimo suggerimento è quello di prendersi la briga, di tanto in tanto, di verificare i dati su siti di terzi, agenzie stampa, istituti di statistica.
Non vorrei mai, infatti, che leggendo questo articolo qualcuno potesse fraintendere e ritenere che il mio punto di vista sia quello di chi afferma che non esiste alcuna verità, ma soltanto narrazioni più forti e narrazioni più deboli.
Non è così: la verità esiste e va al di là dello storytelling. Dire che dovremmo confrontarci con opinioni diverse non significa affermare che le opinioni abbiano tutte la stessa validità. La loro validità, infatti, va verificata sulla base della realtà, sulla base dei dati, cercando di ripulire l’informazione da fake news, fallacie argomentative, bias ed eccessi retorici.
Allo stesso modo non dovremmo pensare che i dati siano sempre così facili da leggere - non dovremmo avere l’arroganza, ad esempio, di poter capire l’andamento dell’economia sulla base di un solo grafico: i dati infatti, hanno il piccolo problema di dover essere interpretati e non sempre è così semplice farlo. Chiunque basi la sua idea del mondo su una pretesa di trasparente oggettività dei dati, forse sta ipersemplificando.
Insomma, per essere chiari: da un lato è fondamentale guardare ai dati, che rimangono l’unico terreno che possa offrire solidità al nostro punto di vista. Ma dall’altro lato non dovremmo pensare che i dati, da soli, possano essere sufficienti per spiegare fenomeni complessi.
Il discorso sarebbe ancora ampio e magari lo approfondiremo, voi però non dimenticatevi di iscriverti gratuitamente per non perdere le prossime pubblicazioni!
Grazie per avermi letto fino a qui! Vi lascio al consiglio e ci rileggiamo la prossima settimana!
A proposito di confrontarsi con idee diverse dalla propria, vi consiglio un testo che vi può dare qualche suggerimento per farlo!
Il debate è una vera e propria disciplina in diverse scuole di ambiente anglosassone e consiste nell’organizzazione di dibattiti regolati e strutturati, con l’obiettivo di sviluppare competenze argomentative e oratorie e di mettere un po’ in discussione le proprie sicurezze.
Come recita la quarta di copertina, questo libro «ama il dibattito argomentato e regolamentato, perché sa che la parola può essere antidoto alla violenza; ama la logica e non teme la retorica e la polemica, rispetta le regole ed è avvertito nei confronti delle mosse». Potrebbe essere un ottimo strumento per insegnanti ed educatori, ma anche per chi è interessato a confrontarsi con i propri famigliari e amici in modo più strutturato e stimolante.
Se volete sostenere il mio progetto, potete acquistarlo anche dalla mia pagina di affiliazione Amazon: per voi il prezzo rimarrà lo stesso, ma una piccola percentuale andrà a sostegno del mio progetto di divulgazione.
L'aneddoto di apertura è una pillola epistemologica. Si tifa per una squadra vuoi perché in casa tutti ne erano tifosi oppure perché nessuno lo era. Questi sono motivi, non ragioni. La differenza tra ragione e motivo sta nel fatto che l'una e l'altro rispondono alla domanda "perché". Ma la ragione spiega fornendo una giustificazione che può essere messa in discussione e valutata criticamente, il motivo offre una spiegazione non generalizzabile, valevole solo per me. Distinzione da tenere presente quando si discute e "per sopravvivere al dibattito pubblico". Vero, Eugenio?
Adelino Cattani
Grazie per gli spunti di riflessione sempre stimolanti, e grazie anche per i suggerimenti di lettura.
Se tecnicamente possibile, nel futuro mi piacerebbe poter acquistare i libri tramite la pagina di affiliazione in formato kindle. Per tante ragioni mi sono convertita, quasi totalmente, al formato digitale.
Valentina Valentino