Buongiorno a tutti! Scrivo questa newsletter dal treno che dal Ticino mi sta riportando a casa. È stata una settimana intensa e ricca di impegni: mi perdonerete, dunque, se la newsletter sarà forse un po’ più breve del solito. Intanto, però, vi devo ringraziare: qui su Substack abbiamo superato quota 9.000 iscritti e ci incamminiamo verso il traguardo dei 10.000! Devo iniziare a pensare a qualche uscita speciale, quando arriverà quell’occasione! Oggi, intanto, parliamo di filosofia e social network.
Se vuoi promuovere il tuo brand o i tuoi servizi su questa newsletter, puoi scrivermi a whitewhalecafe.wwc@gmail.com e concorderemo insieme le modalità migliori! Ma ora partiamo con la nostra riflessione!
Nessun uomo è un’isola (forse)
Da quanto ho iniziato la mia attività di divulgazione sui social, ormai tre anni or sono, un dubbio amletico ha continuato a tormentare le mie notti e a ripresentarsi tra le domande del mio pubblico: è veramente possibile tenere insieme, nello stesso luogo, i termini filosofia, argomentazione e social network? La questione sembra contraddittoria se non addirittura folle.
Se John Donne, nel ‘600, scriveva che “nessun uomo è un’isola”, invitando a intendere l’uomo come un essere relazionale, comunitario, che trova senso soltanto nella sua capacità di interagire con gli altri uomini, oggi, nel XXI secolo, sembra che l’affermazione non sia più così scontata.
I social network portano con sé il rischio di frammentare il tessuto sociale, di isolare gli individui, i quali, credendosi connessi, si ritrovano in realtà più soli che mai, rinchiusi nella propria camera a fissare uno schermo da semplici spettatore e, di tanto in tanto, a tessere relazioni online, che non presentano però le stesse caratteristiche della socialità offline e che portano con sé rischi anche molto seri. Ne parlavo già in questa newsletter in cui mostravo anche il dato sul calo del tempo trascorso con gli amici, nelle persone tra i 15 e i 45 anni.
I social, dunque, sembrano uno spazio contrario a ogni possibilità di argomentare e di fare filosofia. È evidente a tutti nel momento in cui leggiamo la sezione commenti di un qualsiasi post di informazione su Facebook, su Instagram o su TikTok, dove commenti di odio si mischiano ad offese, a monologhi personali, a tifoserie e dove è veramente raro trovare lo spazio per un dialogo autentico e fruttuoso.
In effetti, voglio essere chiaro fin da subito: il vero dialogo non può che avvenire al di fuori dei social, faccia a faccia, e lo stesso vale per la filosofia, che richiede tempi di studio, di riflessione, di approfondimento, ben più ampi di quelli a cui ci hanno abituato queste piattaforme. Se vogliamo veramente argomentare, dobbiamo spegnere il telefono e incontrare l’altro.
Ma, assodato ciò, questo significa che i social siano del tutto inutili alla filosofia? Che il filosofo possa tranquillamente prescindere da essi, allontanarli, ripudiarli? Che non ci sia alcun possibile spazio di incontro tra queste due realtà?
Vorrei provare a ragionare su questo a partire da una domanda provocatoria: se Socrate, archetipo di ogni buon argomentatore, fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe utilizzato TikTok? La mia risposta, seppur ipotetica, è assolutamente affermativa. Provo a spiegarvi perché.
Socrate e l’importanza dei porti
C’è un fatto che può sembrare bizzarro a chiunque si dedichi per la prima volta alla lettura dei dialoghi platonici con protagonista Socrate: molti di essi prendono avvio in un porto. Il Simposio, La Repubblica e altri celebri opere di Platone iniziano il loro racconto con il filosofo che si trova al Pireo o al Falero: i due grandi porti della città d’Atene. Lì, finché passeggia sulla banchina, Socrate incontra casualmente il suo interlocutore e comincia a importunarlo con le sue domande sul bene, sull’amore, sulla giustizia, ecc.
Quando lessi per la prima volta questi testi mi chiesi, non senza un certo stupore, per quale ragione Socrate passasse le sue giornate al porto. Mi sembrava un fatto insolito: cosa ci stava a fare, il vecchio Socrate, in un luogo così poco conforme alla filosofia?
La prima possibile risposta che mi diedi è che la passeggiata portuale fosse un tentativo di scappare dalla moglie: si sa, infatti, che i rapporti tra Socrate e Santippe non erano esattamente quelli di un amore incondizionato e immaginarsi la scena domestica non è poi così difficile:
«Sempre la stessa storia Socrate! La sera prometti che uscirai per solo un bicchierino e te ne torni a notte fonda, carico di vino e cianciando di Eros! Quando la smetterai? Ci sono altre donne in questi simposi? Sono stanca di ritrovarti sbronzo sul letto!»
«Amore, ora non ho tempo di affrontare questa discussione, devo uscire. Vado a comprare dell’aspirina».
La seconda spiegazione possibile è che Socrate, ormai uomo di una certa età, nel pieno del pensionamento, annoiato e stanco, avesse sviluppato una certa passione per l’osservazione dei cantieri navali.
D’altra parte è un passatempo tipico di molti pensionati, ancora ai giorni nostri. No? Certo, sono supposizioni divertenti, ma non sono corrette.
La vera ragione per la quale Socrate si reca al porto è un’altra e non ha a che fare con le faide famigliari, né con le comuni passioni di molti pensionati.
Socrate si reca al porto perché il porto è, nel mondo antico, il luogo in cui arrivano persone, informazioni, novità. È il luogo privilegiato dello scambio, non solo di merci ma anche di opinioni. È certamente un luogo chiassoso, caotico, in cui è difficile ragionare e in cui certamente passano molte persone imbruttite dal lavoro e poco aperte al dialogo. Ma è anche il luogo in cui è possibile incontrare l’uomo, senza i filtri che talvolta la società gli impone - in cui è possibile ascoltare cosa veramente passa per la testa delle persone e cercare di agganciare un dialogo con loro, nel tentativo di sondare la forza delle loro idee e, se necessario, di riportarle alla ragione.
I social come porti contemporanei
E allora, viene da chiedersi, non dovremmo forse considerare i moderni social network allo stesso modo degli antichi porti? Cosa sono, d’altra parte, i social se non luoghi centrali in cui oggi arrivano e circolano persone, informazioni, novità? Sono piattaforme certamente insidiose e colme di rischi, nelle quali però circolano milioni di persone; nelle quali moltissimi di noi trascorrono diverse ore al giorno, si informano, discutono (talvolta poco educatamente, certo); nelle quali è possibile incontrare un’importante faccia dell’umanità, sempre più centrale, e agganciare con essa un tentativo di dialogo.
Chiaro: il porto può essere il luogo d’inizio della filosofia, ma non la sua meta. I dialoghi platonici che incominciano in un porto, terminano poi in un’agorà o in un simposio o comunque in uno spazio più idoneo al ragionamento lucido e argomentato. Allo stesso modo, come abbiamo già detto, il vero dialogo, la vera argomentazione, non può avvenire sui social ma soltanto nel tu per tu, in uno scambio non virtuale. E tuttavia i social rimangono un importante punto di passaggio che la filosofia, nel nostro tempo, non può permettersi di ignorare. Il rischio è quello di arroccarsi in una torre d’avorio accademica, silenziosa ed estremamente confortevole, ma che potrebbe essa stessa trasformarsi in un’isola, in un locus amoenus che non ha nulla a che fare con il mondo vero, reale, in cui vive la maggior parte degli uomini.
Ecco perché sto sui social. Ecco perché, nonostante ritenga che la vera filosofia non si trovi in queste piattaforme, reputo importante che queste piattaforme parlino di filosofia: perché la filosofia diventa poco più di un vezzo radical chic se non viene posta in contatto con la vita. E la vita, che ci piaccia o no, oggi passa anche per Instagram, per TikTok e per questi luoghi.
Grazie per avermi letto fin qui. Anche se questa settimana la riflessione è stata più breve, spero comunque che possa aver stimolato qualche pensiero, che ti invito a condividere nei commenti o rispondendomi via mail! Se è la prima volta che leggi White Whale Cafe ti invito a iscriverti gratuitamente per non perderti le prossime uscite! A presto!
Ovviamente, se sei interessato alla divulgazione filosofica sui social, ti invito a seguire i miei canali su Instagram e su TikTok. Ma voglio segnalarti anche altri profili che io stesso seguo e che, a mio parere svolgono questo lavoro in modo molto interessante. Ne segnalo tre, al di là dei nomi più noti come Rick Dufer o Benedetta Santini.
Se vi interessa la filosofia della scienza, vi invito a seguire i profili di Gaia Contu, divulgatrice molto preparata, che parla spesso del legame tra mondo scientifico e mondo umanistico.
Se vi interessano i temi dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie vi segnalo il profilo Instagram di Martino Wong, in arte Oradecima che sul web racconta, in modo coinvolgente, il rapporto tra uomini e tecnologie.
Se invece cercate qualcosa di più strutturato, approfondito, e masticate un po’ l’inglese (o magari volete esercitare il vostro inglese) vi consiglio il podcast Philosophize This!" di Stephen West, che ogni settimana propone puntate mirate sui grandi filosofi del passato.
Pe altri consigli, continuate a seguire la newsletter! Grazie ancora e buon fine settimana.
Grazie. La penso come lei, sul fatto, per esempio, che non vado via dai social (anche se spesso la tentazione c'è). Per il lavoro che faccio mi è utile perché umilmente cerco di trovare segnali, indizi, perle di cose che forse mi sfuggirebbero. Seleziono, come d'altronde si fa nella vita. E prendo il meglio che c'è avendo, a volte, la fortuna di intessere relazioni sociali che da virtuali, possono diventare reali.
Grazie mille per questo articolo, Eugenio! Anch'io credo che i social siano un luogo per la filosofia, anche se a volta non sembri così. Ti ho trovato su Instagram e il tuo contenuto mi è piaciuto fin dall'inizio. Keep up the good work! 💯