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Alessandro Civiero's avatar

In realtà non vedo contraddizioni. La fede cristiana non è solo un assunto fideistico, ma si fonda su basi ben concrete, definite da Cristo stesso. "Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato." La fede non può prescindere dalla relazione tra gli esseri umani, né tantomeno dalla carità. La carità, in senso teologico, significa amore. Pertanto la fede si fonda sull'amore, prima di tutto tra gli uomini, poi di conseguenza, verso Dio. Il problema è l'uomo, che, come al solito, rovina tutto per colpa del peccato. Il peccato, non inteso come trasgressione a precetti e comandamenti, ma come assenza di riconoscimento della carità divina e la sua sostituzione con disvalori terreni, come il potere, il denaro, la cupidigia. Ovviamente, come è ben evidente da secoli, anche la Chiesa, come istituzione, ma anche come insieme di individui, è formata da persone. E le persone, per loro natura, non sono esenti dal peccato.

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Eugenio Radin's avatar

Ciao Alessandro, grazie per il commento.

In realtà non ho mai detto il contrario. Anzi, ho scritto che "senza carità esercitata sulla Terra il cristianesimo perde la propria identità". Non sono sicuro però che l'amore sia "prima di tutto verso gli uomini, poi di conseguenza verso Dio". Questo può essere da un punto di vista esperienziale dell'uomo, di certo non da un punto di vista ontologico.

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Alessandro Tedeschi's avatar

La premessa la dice lunga... Non so, per quanto mi riguarda il suo pontificato non mi ha mai convinto, nè dalla scelta del nome - glorificazione dell'umiltà e della modestia ("i poveri sempre li avete con voi" lo dice Gesù nei vangeli) - nè dal paragone tra una strage e un pugno a chi gli avrebbe offeso la madre, nè la sua provenienza dalla teologia della liberazione pauperista che in America latina ha un significato politico ed economico di fallimenti su fallimenti, fame e miseria (seppur ricca di valori etici e morali), nè dalla critica alla proprietà privata che per base è sacra in due comandamenti ("Non rubare", "Non desiderare la roba d'altri"), nè dalla sua apertura ad un regime come quello cinese, nè dalla mancata critica ad un sistema che per calmierare l'inflazione (spauracchio di chi dei bei risparmi in banca li ha) sfrutta manodopera a basso costo e senza diritti... ma io sono un conservatore liberale repubblicano (come si evince dal manifesto che ho pubblicato sul mio Substack ;)

Comunque i miei complimenti per la tua newsletter. Questa su Papa Francesco coglie un punto molto importante. Evidentemente, per Francesco, il trascendente significava 'operare' ("ciascuno secondo le sue opere").

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Matilde's avatar

Caro Eugenio, il tuo articolo mi ha stupita per la chiarezza e il tono delicato con cui hai affrontato un argomento del genere! La tua critica è più che costruttiva e mi ha dato diversi spunti su cui riflettere, tra essi ce n'è uno in particolare (magari risulta essere il "meno importante", me ne rendo conto): quando parli del predecessore di Bergoglio. Lo definisci "un fine teologo, dimostratosi tuttavia incapace di raggiungere il cuore della gente". Perchè quest'ultima affermazione?

Grazie!

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Eugenio Radin's avatar

Grazie mille Matilde! Riguardo a Ratzinger, più che un commento è una constatazione: che fosse un fine teologo è riconosciuto da tutti, che non abbia raggiunto il cuore della gente, lo dimostra il fatto che non c'è stata, per Benedetto XVI, la stessa affezione che c'è stata per Francesco, o per Giovanni Paolo II, o per Giovanni Paolo I, o per Giovanni XXIII.

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Matilde's avatar

Grazie della risposta.

Capisco che parlando ad un pubblico vario tu dica questo, ma mi sento di dire che ai cattolici, che appartengono e amano la Chiesa, Ratzinger sia arrivato ai loro cuori. (Chiesa intesa non come istituzione, ma come insieme di persone che aderiscono a Cristo).

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Davide Fadda's avatar

Ciao Eugenio. Hai fatto una analisi precisa e circostanziata. Il problema a mio avviso nasce dalle premesse. Tu correttamente citi il “credo”, ma esso è di secoli successivo ai Vangeli e alla tradizione orale cristiana. La sovrastruttura cristologica e teologica si contrappone per molti aspetti alle cose che Gesù ha detto e fatto. Dai vangeli si evince infatti che Gesù esorta il credente a “fare delle cose” a dimostrare nella testimonianza delle sue azioni il suo credo. Nelle società antiche questo era paradossalmente più semplice perché non vi era distinzione tra il piano religioso e quello sociale/laico. Questa è una difficoltà insuperabile per la civiltà occidentale che è “sballottata” tra i due poli, religioso e sociale. Il credente moderno è quindi confuso da questa ambiguità di fondo. Ci sarebbe da scrivere per giorni ma penso questo sia un po’ il “core” della questione. Un caro saluto!

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Eugenio Radin's avatar

Ciao Davide! Grazie mille per il commento, per rispondere al quale vorrei sottolineare due punti. Il primo è che certamente i vangeli parlano di una prassi, e come dico nella newsletter la prassi è necessaria. Tuttavia nei vangeli la prassi non è fine a sé stessa, ma punta verso una trascendenza che si respira in moltissimi punti (in primis nella passione e ovviamente nella resurrezione: centro nevralgico di tutto il cristianesimo).

Il secondo punto è che il cristianesimo è una religione "storica", che evolve nel corso della storia. I Vangeli stessi sono frutto di una storia, così come il credo e le vicende dei primi secoli della Chiesa: è lì che i Padri della Chiesa gettano le fondamenta di quello che diverrà poi il Cristianesimo. Questo per dire che il credo, così come altre filosofie, sono in tutto e per tutto parte della teoria cristiana, così come i vangeli.

Grazie mille ancora, buona giornata!

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Davide Fadda's avatar

Condivido pienamente. Ma proprio perché condivido ti chiedo questo: un credente dell’anno mille come un credente moderno, crede nella Chiesa o in Gesù? Mi rendo conto che posta così è un po’ estremizzata. Però - almeno a mio modesto avviso - penso che non se ne possa uscire da qui: seguire la “teoria cristiana” o -attraverso la lettura dei vangeli- provare a vivere quotidianamente quel “amatevi come io ho amato voi”? Le sovrastrutture teorico-dottrinali, nei secoli, hanno spesso messo in contraddizione la Chiesa, in quanto detentrice della dottrina, e le parole di Gesù stesso. Io non nego affatto quindi la parte più “religiosa”, ma mi chiedo se essa non abbia troppo spesso nascosto la parte più importante del messaggio che dice di salvaguardare. Insomma se dovessi essere messo davanti alla scelta di definirmi cristiano o comportarmi da cristiano, sceglierei la seconda. Scusa se ti rispondo solo ora ma sono appena tornato dal salone del libro! Bello come sempre! Un caro saluto. Grazie a te per la risposta.

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Maurizio's avatar

Capisco le premesse e il fatto oche questo sia un argomento così vasto impossibile da definire in poche parole. Capisco anche la preferenza per un approccio più "teologico-strutturato". Ci sono però deduzioni un po' forzate o almeno da argomentare meglio. (Es: «La religione, senza Dio, si trasforma in etica. E l’etica, per quanto importante, non ha bisogno di papi.») Vorrei chiedere però, perché separare così nettamente etica e teologia, i valori dal regno, la prassi dalla teoria? La teoria, infatti, è sempre una espressione del nostro agire, di come articoliamo il mondo, mentre la prassi non è mai neutra, mai priva di presupposti teoretici (vedi Garroni). Quindi chi ci dice che un approccio così etico non abbia forti basi teologiche e che, al contrario, insegnamenti "dal basso", non possano ri-aprire le porte ad una visione teologica più strutturata? Non intendo dal punto di vista laico ma proprio in senso religioso.

P.s.: bellissima newsletter

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Piergiorgio Zaccaria's avatar

Nulla da dire: analisi ineccepibile.

Articoli come questo rappresentano la lente adatta per leggere correttamente le contestazioni del suo pontificato.

Grazie mille!

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Francesco Macinanti's avatar

Mi sorprendo sempre nel leggere certi commenti sul pontificato di Francesco, perché mi sembra di aver assistito a una storia completamente diversa.

Queste parole, ad esempio:

"Noi possiamo camminare quanto vogliamo, possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, tutto questo non serve. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulla pietra, succede come ai bambini sulla spiaggia: costruiscono castelli di sabbia, che poi crollano, privi di consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi viene in mente una frase di Léon Bloy: 'Chi non prega il Signore, prega il diavolo.' Quando non si confessa Gesù Cristo, si finisce per confessare la mondanità del diavolo."

Sono praticamente le prime parole pronunciate da Francesco come Papa — e non si è trattato di un'uscita isolata. Chi legge con attenzione le sue omelie, le sue encicliche, i suoi interventi, ritrova sempre questo tono.

Per questo mi pare che, più che confrontarsi col pensiero autentico di Francesco, si sia rimasti vittime di una narrazione giornalistica semplificata, spesso superficiale.

Non vorrei addentrarmi troppo nel tema della tensione fra il “già” e il “non ancora”, tra la città terrestre e quella celeste. È una questione teologica complicata, che meriterebbe ben altro spazio.

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Francesco Macinanti's avatar

segue:

Tuttavia, anche qui, mi sembra ci sia un equivoco di fondo: perché mai parlare dei problemi della società dovrebbe essere in contrasto con una visione trascendente della vita?

Il cristianesimo non ha mai significato evasione dal mondo, ma incarnazione dentro di esso. I cristiani, come ricorda il Vangelo, sono nel mondo anche se non del mondo. Ma proprio per questo non possono rinchiudersi nei loro monasteri, o rifugiarsi in una spiritualità disincarnata: la fede autentica si traduce sempre in una azione nella storia.

Secondo me il vero rischio che corre oggi il cristianesimo non è l’eccessiva attenzione alle questioni sociali, ma la sua riduzione a una religiosità di superficie, fatta di devozioni miracolistiche e fascinazioni per apparizioni, e il totale abbandono di una fede pensata.

È come se, nel tentativo di salvare la verticalità del cristianesimo in una società secolarizzata, si finisse per rifugiarsi in forme religiose rassicuranti.

Perché poi l'effetto è l'andare in giro brandendo rosari o invocando continuamente Dio e la sua verità a voce alta, quasi a voler rivendicare la trascendenza con gesti esteriori.

Sempre con molto rispetto,

Francesco

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Emanuele Ferrero's avatar

Grazie come sempre per i tuoi articoli.

Come credente ritengo che questa linea di cristianesimo più centrato sull’orizzontale (le persone, il creato, gli ideali) e meno sul verticale (concetto di eternità, giudizio universale, grazia santificante) porti ad un interessamento di più persone verso la Chiesa ma non un’adesione vera e profonda di vita, nonché una perdita comunque emorragica di fedeli anni dopo anno.

Il problema infatti è che, su questa linea, ci si pone giustamente una domanda: cosa può dare il Cattolicesimo rispetto ad ideali politici? Che differenza c’è nell’essere volontario in un’organizzazione caritatevole cristiana (che pratica quindi la carità nel suo significato teologico) rispetto ad una organizzazione filantropica sé intanto i valori che trasmettono sono i medesimi?

Hai ragione a dire che questo equilibro orizzontale/verticale della Chiesa è difficile, però questo fa parte della sua missione terrena e in questi ultimi anni si è perso.

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