Semplicemente non si può disobbedire ai tempi dell'algoritmo. Lo spieghi bene: è un concetto di visibilità. Come raggiungo le masse se non uso i mezzi di massa? L'unica disobbedienza può essere singola, al massimo di un gruppo di persone che riesci a contagiare. Anche in passato era così. Se la stampa non avesse pubblicato i dibattiti dell'Assemblea Nazionale Costituente il popolo francese non avrebbe saputo della destituzione di Necker e (forse) non sarebbero nati i primi tafferugli per arrivare alla presa della Bastiglia (ho semplificato molto gli avvenimenti, chiedo venia). Questo non esclude la creazione di nuovi social (guardare Trump con il suo o Musk che ne ha comprato uno) ma sempre all'algoritmo si ritorna. Se consideriamo poi la spinta utilitarista che c'è dietro a delle cause che magari son lontane dalle nostre vite quotidiane ecco che diventa molto difficile ingaggiare le persone sui social, figuriamoci su mezzi più lenti come il classico giornale. Inoltre il bombardamento d'informazioni giornaliere rende più difficile distinguere notizie vere da quelle false. Per uscire dall'algoritmo dovrebbe accadere un fatto epocale che crei quella spinta utilitarista e una presa di coscienza collettiva, ma prima ancora mi chiedo se l'algoritmo sia un qualcosa di negativo a prescindere o se semplicemente ci sono impieghi positivi e negativi. Come se ne esce? Non lo so. Momenti di approfondimento come il tuo blog sono una risposta ma anche qui arriviamo alla domanda: chi ti trova? Chi ti vuole cercare...e gli altri? Boh
Bravo Eugenio, ottima argomentazione, chiara e ben scritta, che condivido in pieno. Inoltre trovo che il lavoro che fai online possa essere una delle possibili risposte: dai alle persone spunti e strumenti meta per stare nelle piattaforme in modo consapevole, comprendendone le logiche, permettendo loro di usarle senza esserne sopraffatti. Anche questa è una forma di disobbedienza civile, alla fine dei conti, in un sistema, quello algoritmico, che tende per sua stessa natura a uniformare e appiattire. Come scrive Luciano Floridi nella prefazione a "Etica dell'intelligenza artificiale" la filosofia come design concettuale offre progetti mirati, tra cui il "prendersi cura del capitale semantico dell'umanità ". Quindi grazie per il lavoro che fai.
Grazie mille Mariachiara. Non credo che la mia sia una forma di disobbedienza. Semmai di "consapevolizzazione" civile. In ogni caso, devo ancora leggere l'ultimo testo di Floridi ma ce l'ho in lista!
Sono a metà articolo ma volevo lasciare una suggestione quasi una richiesta. Posto che non ho molto studiato ne storicamente ne ho riflettuto filosoficamente sul problema, mi trovo per motivi professionali spesso a contatto con la realtà dello sciopero e dei sindacati. Più che altro ne sono disorientato. Vorrei semplicemente rimandare un profondo bisogno di una riflessione approfondita sul sindacato e sugli scioperi che mi sembrano strumenti non solo datati, ma proprio totalmente inutili nell’ ottenere risultati - nel senso che non sono più anti sistema, ma sono stati assorbiti e ordinati dal sistema con cui non hanno più alcun attrito di sorta.
Non possiamo fare nulla contro gli Algoritmi. Sono tali, regole informatiche senza morale, senza coscienza, senza volontà di censurare in sé, solo semplice obbedienza a sintassi informatiche. Sintassi e codici che sono però stati decisi a tavolino secondo una qualche direzione editoriale di convenienza.
Bisogna usare i social per quello che sono, consapevoli del loro funzionamento, asservendoli ai propri scopi. Vuoi avere visibilità? Allora i social sono il mezzo giusto, poi se si vuole veicolare messaggi non graditi all'algoritmo bisogna semplicemente scegliere un mezzo diverso (perché non la Newsletter? Se il tema della liberalizzazione delle droghe leggere ti stimola, perché non usare questo mezzo?).
E sin qui si sta parlando della libertà di espressione "pubblica".
C'è un'espressione della propria libertà individuale che mi è molto più cara di quella social. Noi, nel nostro privato, secondo l'insegnamento ghandiano, abbiamo la facoltà di ESSERE IL CAMBIAMENTO CHE VOGLIAMO NEL MONDO. Senza pretesa d'esser di esempio, senza pretesa d'esser seguiti, per il semplice gusto e piacere di vivere insieme agli altri la vita che ci piace e che troviamo morale vivere. Sotto questo punto di vista "disobbedire" significa esser incuranti del fatto che il nostro modo di vivere possa andare contro il viver comune, accettando stoicamente tutto quel che ne può conseguire. L'essere umano è un animale sociale, per sua naturale tendenza si raggruppa in "tribù" di simili. Per originale che sia il nostro modo di vivere, troveremo sicuramente qualcuno con cui condividerlo. E anche io, chiudo con un "boh"...che mi piace perchè lascia intendere quello che è anche il mio smarrimento di frontea un mondo digitale che mi trova impreparato.
Semplicemente non si può disobbedire ai tempi dell'algoritmo. Lo spieghi bene: è un concetto di visibilità. Come raggiungo le masse se non uso i mezzi di massa? L'unica disobbedienza può essere singola, al massimo di un gruppo di persone che riesci a contagiare. Anche in passato era così. Se la stampa non avesse pubblicato i dibattiti dell'Assemblea Nazionale Costituente il popolo francese non avrebbe saputo della destituzione di Necker e (forse) non sarebbero nati i primi tafferugli per arrivare alla presa della Bastiglia (ho semplificato molto gli avvenimenti, chiedo venia). Questo non esclude la creazione di nuovi social (guardare Trump con il suo o Musk che ne ha comprato uno) ma sempre all'algoritmo si ritorna. Se consideriamo poi la spinta utilitarista che c'è dietro a delle cause che magari son lontane dalle nostre vite quotidiane ecco che diventa molto difficile ingaggiare le persone sui social, figuriamoci su mezzi più lenti come il classico giornale. Inoltre il bombardamento d'informazioni giornaliere rende più difficile distinguere notizie vere da quelle false. Per uscire dall'algoritmo dovrebbe accadere un fatto epocale che crei quella spinta utilitarista e una presa di coscienza collettiva, ma prima ancora mi chiedo se l'algoritmo sia un qualcosa di negativo a prescindere o se semplicemente ci sono impieghi positivi e negativi. Come se ne esce? Non lo so. Momenti di approfondimento come il tuo blog sono una risposta ma anche qui arriviamo alla domanda: chi ti trova? Chi ti vuole cercare...e gli altri? Boh
Bravo Eugenio, ottima argomentazione, chiara e ben scritta, che condivido in pieno. Inoltre trovo che il lavoro che fai online possa essere una delle possibili risposte: dai alle persone spunti e strumenti meta per stare nelle piattaforme in modo consapevole, comprendendone le logiche, permettendo loro di usarle senza esserne sopraffatti. Anche questa è una forma di disobbedienza civile, alla fine dei conti, in un sistema, quello algoritmico, che tende per sua stessa natura a uniformare e appiattire. Come scrive Luciano Floridi nella prefazione a "Etica dell'intelligenza artificiale" la filosofia come design concettuale offre progetti mirati, tra cui il "prendersi cura del capitale semantico dell'umanità ". Quindi grazie per il lavoro che fai.
Grazie mille Mariachiara. Non credo che la mia sia una forma di disobbedienza. Semmai di "consapevolizzazione" civile. In ogni caso, devo ancora leggere l'ultimo testo di Floridi ma ce l'ho in lista!
Sono a metà articolo ma volevo lasciare una suggestione quasi una richiesta. Posto che non ho molto studiato ne storicamente ne ho riflettuto filosoficamente sul problema, mi trovo per motivi professionali spesso a contatto con la realtà dello sciopero e dei sindacati. Più che altro ne sono disorientato. Vorrei semplicemente rimandare un profondo bisogno di una riflessione approfondita sul sindacato e sugli scioperi che mi sembrano strumenti non solo datati, ma proprio totalmente inutili nell’ ottenere risultati - nel senso che non sono più anti sistema, ma sono stati assorbiti e ordinati dal sistema con cui non hanno più alcun attrito di sorta.
Non possiamo fare nulla contro gli Algoritmi. Sono tali, regole informatiche senza morale, senza coscienza, senza volontà di censurare in sé, solo semplice obbedienza a sintassi informatiche. Sintassi e codici che sono però stati decisi a tavolino secondo una qualche direzione editoriale di convenienza.
Bisogna usare i social per quello che sono, consapevoli del loro funzionamento, asservendoli ai propri scopi. Vuoi avere visibilità? Allora i social sono il mezzo giusto, poi se si vuole veicolare messaggi non graditi all'algoritmo bisogna semplicemente scegliere un mezzo diverso (perché non la Newsletter? Se il tema della liberalizzazione delle droghe leggere ti stimola, perché non usare questo mezzo?).
E sin qui si sta parlando della libertà di espressione "pubblica".
C'è un'espressione della propria libertà individuale che mi è molto più cara di quella social. Noi, nel nostro privato, secondo l'insegnamento ghandiano, abbiamo la facoltà di ESSERE IL CAMBIAMENTO CHE VOGLIAMO NEL MONDO. Senza pretesa d'esser di esempio, senza pretesa d'esser seguiti, per il semplice gusto e piacere di vivere insieme agli altri la vita che ci piace e che troviamo morale vivere. Sotto questo punto di vista "disobbedire" significa esser incuranti del fatto che il nostro modo di vivere possa andare contro il viver comune, accettando stoicamente tutto quel che ne può conseguire. L'essere umano è un animale sociale, per sua naturale tendenza si raggruppa in "tribù" di simili. Per originale che sia il nostro modo di vivere, troveremo sicuramente qualcuno con cui condividerlo. E anche io, chiudo con un "boh"...che mi piace perchè lascia intendere quello che è anche il mio smarrimento di frontea un mondo digitale che mi trova impreparato.