Ciao a tutti,
questa settimana (complici numerosi impegni che mi hanno impedito di prodigarmi in una riflessione più approfondita) ho deciso di uscire con una newsletter diversa dal solito e di parlarvi delle letture dellāultimo mese, che sono state abbondanti e interessanti.
Spero che possiate trovare qualche spunto interessante anche per voi e vi segnalo fin da subito che, se volete sostenere questo mio progetto, potete acquistare i libri di cui parlerò dalla mia pagina affiliata Amazon. Il prezzo per voi rimarrà inalterato, ma una piccola percentuale mi verrà riconosciuta dalla piattaforma.
Ma non perdiamo ulteriore tempo e iniziamo subito a parlare di cose belle:
1. Le radici del romanticismo
Il primo libro letto a marzo ha ispirato ben due newsletter (questa e questa) ed è stato probabilmente la lettura migliore del mese: Le radici del romanticismo, di Isaiah Berlin. Berlin è stato uno dei pensatori liberali più importanti del secondo Novecento, ma, oltre che come filosofo teorico, è molto noto anche come saggista. Egli ha infatti saputo raccontare la storia delle idee con un linguaggio mai semplificatorio, ma narrativo e piacevolissimo, capace di indagare sia lo sviluppo della filosofia, sia le sue ricadute nella nostra vita individuale e collettiva.
In questo saggio, dedicato appunto al tema del romanticismo, Berlin espone le genealogia, la nascita e gli sviluppi di quella che egli ritiene essere āla più grande rivoluzione cognitiva dellāOccidente modernoā, spaziando da Kant a Fichte; da Goethe a Schiller; ma soffermandosi anche (o forse soprattutto) sui problemi della concezione romantica - mettendone a nudo lāideologia ed evocandone il fantasma nelle diverse ideologie che la nostra contemporaneitĆ ha conosciuto.
Al di lĆ dei contenuti, ho apprezzato cosƬ tanto la prosa di Berlin, che ho giĆ acquistato un altro suo grande classico: Il legno storto dellāumanitĆ . Magari ve ne parlerò in una futura newsletter.
2. I dolori del giovane Werther
Stimolato da Berlin ho deciso di rileggere uno dei grandi classici della letteratura tedesca: I dolori del giovane Werther di Goethe (a dire la veritĆ non lāho letto, ma ho ascoltato lāaudiolibro).
Avevo letto il Werther ai tempi del liceo e lāavevo moderatamente apprezzato, ma a distanza di anni lāho trovato oltremodo stucchevole. Qui però voglio richiamarmi a una distinzione di cui ho giĆ parlato nei miei social: quella tra piacere e bellezza. Il fatto che io non sia riuscito a farmi piacere il Werther non significa che ne stia mettendo in dubbia la bellezza della prosa, lāimportanza letteraria e filosofica.
Il romanzo di Goethe ĆØ evidentemente un grande romanzo, ma forse ĆØ proprio quel sottotesto pre-romantico, quella filosofia di fondo che il protagonista porta avanti, a non convincermi per nulla e a lasciarmi indispettito.
In ogni caso, di questo problema soffrƬ lo stesso autore, che prima scrisse il Werther divenendo divenne lāeroe di tutti i giovani romantici e poi trascorse la sua vita a cercare di prendere le distanze da quel sentimentalismo che nellāOttocento avrebbe dominato lāEuropa. In punto di morte Goethe affermò: Ā«il romanticismo ĆØ una malattia; il classicismo ĆØ la curaĀ». Crudele scherzo del destino il fatto che, per moltissime persone, la prima cosa a cui si pensa quando si pensa a Goethe sia ancora oggi il Werther!
3. Federico il Grande
Il Werther, comunque, ha trascinato la mia immaginazione nel mondo tedesco del XVIII secolo e cosƬ ho deciso di leggere qualcosa su quella che fu senzāaltro la più importante figura politica di quel mondo: Federico II di Prussia (da non confondere con lāaltro Federico II, quello di Svevia, vissuto mezzo millennio prima e anchāesso āgrandeā).
Questa breve e agevole biografia ĆØ stata scritta da Alessandro Barbero quando giĆ era famoso, ma quando ancora non era un guru tuttologo e intoccabile. E sinceramente mi manca molto quel Barbero.
Qui il professore si cimenta in un racconto appassionato, ma mai agiografico, del sovrano che, di fatto, seppe trasformare una remota provincia dellāImpero asburgico nel cuore di quella che sarĆ la futura Germania. Federico ĆØ descritto sƬ come un re āilluminatoā: avido lettore degli illuministi francesi, poeta, musicista e mecenate, ma anche come un generale spietato; padre di una realpolitik dove non cāĆØ spazio per la morale o per i sentimenti - un uomo pronto a stracciare i trattati, ad approfittare della debolezza dellāalleato per attaccarlo, a invadere paesi stranieri senza altra ragione se non il proprio tornaconto personale.
Di certo non ĆØ questo il testo da leggere se lāintento ĆØ quello di una ricerca storica minuziosa. Quello di Barbero rimane un racconto divulgativo, ma ĆØ stato un ottimo modo per sapere qualcosa di più su una figura tanto affascinante quanto problematica, non solo per i suoi coetanei, ma anche per un certo modo di intendere la politica che sopravvive ancora ai giorni nostri.
4. Il manifesto di Ventotene
E a proposito di politica e di modi di intendere la politica europea: stavo terminando le ultime pagine di Barbero quando si ĆØ aperta la bagarre parlamentare sul Manifesto di Ventotene. CosƬ ho fatto lāunica cosa che mi sembrava sensato fare: ho preso il Manifesto e lāho letto per intero.
Mi sono giĆ espresso al riguardo in un reel dedicato, ma sintetizzerei il mio pensiero in questa espressione: non ĆØ possibile leggere un testo senza il suo con-testo. E il contesto in cui scrissero Spinelli e Rossi ĆØ quello di unāItalia preda della dittatura e nel pieno della Seconda guerra mondiale. Ć il 1941: la Germania di Hitler ĆØ allāapice della sua espansione, gli Stati Uniti, per il momento, non prendono parte al conflitto, Parigi ĆØ in mano ai nazisti e due intellettuali italiani, al confino sullāisola di Ventotene, ipotizzano per la prima volta, scribacchiando sui pacchetti di sigarette finiti, lāidea di unāEuropa unita e federata.
Il fatto che non si possa leggere un testo senza il suo con-testo, significa però due cose:
La prima ĆØ che non dovremmo estrapolare alcune frasi, decontestualizzarle (appunto) e utilizzarle per fare propaganda. Prendete un qualsiasi libro e, con questa tecnica fallace, potrete fargli dire tutto e il contrario di tutto. Il Vangelo può diventare unāinno allāamore ma, se si scelgono bene i versetti da citare, lo si può facilmente trasformare in unāopera dāestrema violenza. Il Manifesto di Ventotene può diventare un testo visionario per una nuova democrazia o un trattato profondamente antidemocratico. Lāunico modo per far luce ĆØ leggere per intero, provando a contestualizzare ciò che viene detto.
La seconda è che non dovremmo trattare questo pamphlet come un libro sacro e intoccabile, da prendere alla lettera. Il Manifesto di Ventotene può e deve essere criticato, perché è necessario riportare le intuizioni ivi contenute a un contesto politico e sociale attuale. Nel 1941 è chiaro che il tono utilizzato non poteva che essere quello rivoluzionario; è normale che, in quegli anni, i riferimenti alle rivoluzioni socialiste e comuniste fossero abbondanti. Ma oggi, in un contesto politico ben diverso, quelle espressioni non possono essere applicabili: devono essere, anche qui, contestualizzate.
5. CāĆØ un cadavere in biblioteca
Ho dedicato al tema dei romanzi gialli la scorsa newsletter, nella quale cercato di spiegare perchĆ© ci piacciono cosƬ tanto. Lāho fatto perchĆ© lo scorso mese ho letto CāĆØ un cadavere in biblioteca di Agatha Christie, che da anni sonnecchiava sui miei scaffali e ne sono stato elettrizzato.
Personalmente adoro queste crime story ambientate nella provincia inglese - in quei paesini fatti di villette a schiera e di giardini curati, dove tutti si conoscono, dove il pettegolezzo regna sovrano e dove, a un certo punto, la tranquillitĆ viene turbata dallāomicidio. E adoro lo stile della Christie che riesce a tessere puzzle criminali ingarbugliati ma pulitissimi, senza sbavature ed estremamente soddisfacenti da districare.
CāĆØ un cadavere in biblioteca non ĆØ di certo tra i migliori romanzi dellāautrice, ma ĆØ comunque riuscito a intrattenermi per bene e a impedirmi di abbandonare la postazione di lettura per molte ore di seguito. Ve lo consiglio se cercate un poā di svago e se avete giĆ letto i titoli più famosi della Signora del Giallo.
6. Stai zitta!
Infine ho ascoltato Stai zitta - e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, di Michela Murgia. Spero che quanto scriverò in questi ultimi paragrafi potrà essere preso dal lettore come una critica costruttiva e non come un attacco personale, da poter usare contro di me in tribunale. Mi faccio uno scaramantico segno della croce e vado avanti.
Premetto che non avevo mai letto nulla di questa autrice perché ho sempre avuto una certa ritrosia nei suoi confronti. Michela Murgia è infatti stata (ed è tuttora) il principale punto di riferimento, in Italia, di un certo modo, piuttosto militante ed estremista, di intendere il femminismo. Ma vale lo stesso discorso che facevo per il Manifesto di Ventotene: per poter criticare qualcosa bisogna anzitutto conoscere ciò di cui si parla. Era da tempo che mi promettevo di leggere qualcosa di questa autrice e ho iniziato da qui.
Il vero problema di questo libro, a parer mio (ed ĆØ il problema di fondo di tutto il femminismo Ć la Murgia) ĆØ che in esso i dati statistici e le argomentazioni vengono mescolati e confusi con alcune asserzioni - con alcuni giudizi di valore presentati come veri ed evidenti, ma che in realtĆ non vengono dimostrati e che sono dunque del tutto opinabili. Ć un metodo retorico sottile ma pericoloso perchĆ© il lettore, leggendo alcuni passaggi ben argomentati e supportati dai dati, sarĆ portato a prendere per vero lāintero discorso, senza poter distinguere, in esso, ciò che ĆØ un ragionamento da ciò che ĆØ una semplice opinione travestita da veritĆ .
Facciamo un esempio: ho molto apprezzato il capitolo in cui lāautrice denuncia certe disparitĆ di genere presenti nel giornalismo italiano. Lāho apprezzato perchĆ© in esso la tesi di fondo (āNei giornali italiani la paritĆ di genere non ĆØ ancora stata raggiuntaā) ĆØ supportata da dati, numeri e argomentazioni che danno soliditĆ a quella dichiarazione. Quando invece, qualche capitolo più tardi, Murgia afferma che āla femminilitĆ ĆØ un costrutto culturaleā, la veritĆ di questa idea ĆØ data per scontata e il lettore ĆØ portato ad accettarla in modo acritico.
Lo strutturalismo culturale, cosƬ come lāidea che le parole costruiscano la realtĆ sono da sempre basi filosofiche di un certo femminismo, ma non dovremmo dimenticare che queste basi sono, appunto, teorie filosofiche sulle quali non cāĆØ accordo nemmeno tra i filosofi, e che dunque vanno argomentate. Credo che quella femminista sia una causa nobile e che tutti (non solo le donne) dovremmo auspicare che la paritĆ di genere venga pienamente raggiunta in tutti i contesti. Ma credo che, proprio per lāimportanza di questa battaglia, sia necessario prestare la massima attenzione a come la si argomenta, per non cadere vittime di un dogmatismo intransigente che danneggerĆ in primis lo stesso femminismo.
Grazie per avermi letto fin qui! Ti ricordo che puoi trovare altri suggerimenti di lettura al termine di ogni mia newsletter, quindi ti invito a iscriverti gratuitamente. Ricordati anche di farmi sapere nei commenti se hai intenzione di leggere qualcuno di questi libri o se ne hai giĆ letto qualcuno. Alla prossima settimana!
Hello Mr Radin, mi ĆØ piaciuta la ultima newsletter sulla lettura. A proposito di āStai Zittaā della Murgia, apprezzo il riconoscimento della figura pubblica della Murgia che può dividere le opinioni e il punto che per fare un argomento in favore della paritĆ dei diritti bisogna avere lāevidenza. Quello che mi sorprende però ĆØ il suo parere che questo deve essere applicato anche a concetti abbastanza scontati, come la femminilitĆ intesa come costruzione sociale. Se la femminilitĆ fosse puramente biologica ci dovremmo aspettare i suoi tratti in maniera consistente nella storia e tra le culture? La fluiditĆ della idea della femminilitĆ attraverso diverse geografie e epoche dimostra che sia un concetto culturale, non di fatto. Chiedere le prove anche di questo non potrebbe essere eccessivo e indicare un potenziale āprove it againā bias al quale vengono sottoposte molte persone che appartengono a certe minoranze (soprattutto culturali)?
Agatha Christie ha accompagnato la mia (ahimĆØ!) lontanissima adolescenza. Una lettura sempre piacevole.
Il giovane Werther l'ho retto per 3/4 di libro, il finale è lì che mi attende da tempo (prima o poi...). Stucchevole, sì.
Murgia mi piace, la seguivo con interesse, ho letto alcuni suoi libri, ho apprezzato quasi tutti. Stai zitta ĆØ sullo scaffale della mia libreria, nello spazio a lei dedicato, in attesa che arrivi il suo turno di essere letto. Vedremo.
Spinta e incoraggiata dalle recenti polemiche, leggerò Il manifesto di Ventotene, soprattutto per colmare l'ennesimo buco della mia profonda ignoranza.
Grazie per gli spunti di riflessione! Ć sempre un piacere ascoltarti e leggerti.