grazie, ancora una volta, per questi contenuti: le tue newsletter sono sempre molto interessanti ma, sopratutto stimolanti.
In qualche modo mi aspettavo, prima o poi, una tua riflessione su questo tema, cosi importante e determinante per lo sviluppo dell'umanità intera (ho pensato bene prima di scriverlo ma non mi veniva altro: la pervasività degli smartphone è planetaria e abbraccia quasi tutte le fasce demografiche e sociali). Premetto che, mentre leggevo la tua newsletter, pensavo qualcuno mi stesse leggendo nel pensiero: a partire dalla necessaria premessa sul non scadere nel "luddismo" per finire ai consigli su come combattere questa dipendenza.
Essendo genitore di 3 ragazzi (dai 19 ai 9), combatto quotidianamente contro questa dipendenza, che vedo netta e inequivocabile (sopratutto nel piu grande dei 3).
E' però una lotta "donchishottiana" a colpi di discussioni, a volte pacate a volte piu accese, nelle quali provo a portare le stesse argomentazioni del libro ma che però non riescono davvero nell'intento. Sembrano capire, ci ragionano, convengono sul dover mettere un argine, magari riescono anche per qualche tempo ma poi...
Sicuramente il "repetita iuvant" quindi non smetterò e non mi darò per vinto ma sono anche certo che non basti la mia unica voce (pur essendo il genitore, quindi teoricamente una figura di riferimento).
Credo servirebbe un approccio piu sistemico al problema. Un po' come è stato per il fumo: all'epoca dei nostri nonni e bisnonni era un qualcosa di socialmente normale, accettato e "normale". Si fumava ovunque, praticamente a qualsiasi età e nessuno diceva nulla. Ci sono voluti 30/40 anni per capire i danni di questa dipendenza e, sopratutto, iniziare una campagna sistemica di sensibilizzazione. Se io non fumo è (anche) perche da adolescente ho vissuto questa lotta al fumo e ne sono stato "pervaso" (forse anche incosciamente)
La Scuola, anzitutto: i cellulari non entrano in classe, punto.
I Media: raccontare i danni di questa dipenza e raccontare, di più e meglio, come funzionano gli algoritmi che incollano le persone ed i motivi alla base: il profitto. ("Social Dilemma", disponibile su Netflix, sarebbe da far vedere a tutti!).
La Politica: vera tolleranza zero per l'utilizzo alla guida (giro in scooter e nelle auto vedo piu gente che guarda il telefonino di quanti guardano avanti!) e identità digitale verificata per iscriversi ai social (cosicche ciascuno sarà responsabile di cio che scrive, proprio come avviene nella realtà).
Scusami per la lunghezza del commento ma il tema mi appassiona tanto quanto mi impensierisce.
Io, dopo aver visto le mie statistiche, ho messo il timer a Instagram di mezz'ora tramite l'app "Benessere digitale" di Google. Così quando sono in balìa dei reel come una drogata, a un certo punto si chiude l'app, diventa grigia e posso riaprirla solo il giorno dopo.
E funziona? Perché ho sempre avuto l'impressione che, potendo tranquillamente eliminare il blocco, sia un po' come mettere la pistola nell'armadietto, ma tenersi la chiave in tasca.
Certo, puoi sbloccarla, però la uso più che altro come sveglia per ricordarmi di non passare la mia vita così. Quando l'app si blocca, per me è sempre una piccola sconfitta, perchè vuol dire che ho passato 30 minuti della mia giornata a guardare video inutili (non i tuoi ovviamente, eheh!). Quindi non mi capita mai, se non in rarissime occasioni, di sbloccarla.
Complimenti, oltre a condividere con noi spunti di riflessione originali suggerisci anche ppssibili soluzioni ed opportunità per cambiare abitudini rischiose per la salute e la socialità. Non finirò mai di dirti bravo!!!! Grazie! 🫶
Ciao, sono madre di un bambino di 3 anni e sono qui per segnalare a chi è capitato qui, ma ha poco tempo da dedicare alla lettura causa figli piccoli e lavoro a tempo pieno, che il libro consigliato da Eugenio è anche disponibile sulla piattaforma Audible. Io lo sto ascoltando nei tragitti in macchina, ad esempio. Così posso anche aggiungere la mia voce alla premessa secondo cui la tecnologia può essere anche una forma di arricchimento se usata secondo coscienza e tracciando dei limiti sani. Buona lettura/buon ascolto.
Voglio condividere una tecnica di monitoraggio che ho conosciuto dal blog di Luke Gearing: lo USER_LOG. Funziona così: vicino al computer, o con te quando ti porti is cellulare dietro, tieni un quadernetto. Ogni volta che apri il computer o il telefono, scrivi l'orario a cui lo accendi, lo SCOPO per cui lo usi, e l'ora a cui pensi di spegnerlo. Essenzialmente, è come scrivere un contratto con se stessi che promette di non distrarsi, scritto nero su bianco. Funziona molto bene, la uso regolarmente.
Condivido tutto quello che hai scritto ed essendo madre di tre figli sento moltissimo questo tema. Come genitore faccio tutto quello che posso, ma spesso mi scontro con l'onda del tempo diciamo così, e la mia sensazione è quella di sorreggere una montagna per, in qualche modo, tentare di proteggere la prole. Scuola, sport, in ogni luogo c’è da confrontarsi con questo.
Quando do un tempo oppure vieto l'uso di questi strumenti ai miei figli, passo inevitabilmente per la cattiva e per colei che vieta... Quindi la domanda spesso è farsi odiare ora e FORSE ringraziare dopo? Non che mi interessi essere ringraziata, vorrei solo che fossero adulti felici e completi... Insomma una dura prova.
Come genitore tento di dare l'esempio, limitando il più possibile l'uso dello smartphone nei momenti con la famiglia, vigilando sul mio Essere interiore diciamo, e scendendo a patti con la dopamina. Ciao Eugenio e grazie.
Ho una figlia adolescente dipendente dal cellulare (e un'altra che non lo è). E' difficile, e mi capita spesso di dirle che se avessi avuto il cellulare alla sua età avrei avuto lo stesso problema.
Purtroppo è difficile anche perché non si riesce più a toglierglielo. Togliere il cellulare significa toglierle la socialità ma anche l'accesso alle applicazioni che usa per studiare.
Sto lavorando sull'autoconsapevolezza, poi alla fine nella vita sono scelte. Tutti noi potremmo essere più produttivi se lo volessimo, l'importante è che abbiamo deciso di essere così.
Ho 53 anni e un'infanzia fatta di biciclette, mamme che ti chiamano dal balcone, interminabili partite a calcio e un adolescenza fatta di partite a calcio nella squadra della mia città, eroiche telefonate a casa delle ragazze che mi piacevano dovendo affrontare la mamma o il papà che rispondevano al telefono prima di loro.
Sono un ingegnere elettronico e lavoro nel mio settore (l'elettronica appunto) e nemmeno io vorrei più vivere in un mondo senza Internet (e pensate che quando al Politecnico qui a Torino ne studiavamo le primissime applicazioni decretai che avrebbe avuto vita breve…) ma lo smartphone, peggio ancora del laptop, è uno strumento che una volta che entra nella tua vita ci resta per sempre ed è talmente pervasivo che impone delle riflessioni e chiede sempre più delle decisioni non semplici ma necessarie.
Non è necessario saper suonare per capire che una musica è stonata. Non è necessario essere psicologi, filosofi, medici per capire quanto lo smartphone, e la TV prima dello smartphone (ma davvero vi sembra normale che ogni sera si chiudesse davanti alla TV?), possano essere impattanti nella nostra vita…e non solo in senso positivo, altrimenti non staremmo qui a scriverne.
Con queste consapevolezze ben prima che venisse il tempo di dare il cellulare alla figlia più grande (ora 14 anni) ho letto molti libri sull'argomento. Anche questo proposto da Radin (GENERAZIONE ANSIOSA). Consiglio FORTEMENTE i libri di Manfred Spitzer (DEMENZA DIGITALE ed EMERGENZA SMARTPHONE) e i libri del nostro Alberto Pellai (VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI). Il tema è talmente urgente da non poter essere più procrastinabile. Paralleli studi fatti in Francia dal Governo Macron e ed in Spagna confermano l'effetto devastante nello sviluppo cognitivo dei nostri ragazzi. La conclusione dello studio francese è che ai ragazzi dalle scuole elementari/media si potrebbe dare un cellulare tipo i nostri vecchi 3310 ma che il lo smartphone perennemente collegato ad Internet ed i Social vanno dai 14/15 anni in su. In Spagna i Social sono vietati sino ai 16 anni (in modo banalmente raggirabile) come anche in Australia ed in altri paesi.
Qualche tempo addietro parlavo di queste mie preoccupazioni ad una psicomotricista la quale mi raccontava che la comunità scientifica si stava interrogando dell'effetto che avrà sulle nuove generazioni il comportamento delle madri che allattando invece di ricambiare lo sguardo dei loro bambini lo tengono distolto perché swipano sul cellulare. E sì, perché durante l'allattamento i bambini cercano gli occhi della mamma in un meraviglioso scambio il cui scopo affettivo/evolutivo è ancora misterioso e sconosciuto. Quello che mi colpito è che noi pensiamo in astratto: facoltà cognitive, problemi di attenzione, ansia….ma nei ragazzi dell'età dello sviluppo quando il corpo esplode e il numero delle cellule si moltiplica quello che io pensavo fosse astratto diventa materia biologica viva, neuroni, sinapsi, percorsi sinaptici, assoni e tantissimi ben di Dio che realizzano quello che loro saranno da adulti e quello che noi, grazie alla neuroplasticità del cervello, diventeremo…inclusi l'aumento esponenziale di malattie senili come demenza ed Alzheimer la cui probabilità di manifestazione è destinata ad aumentare.
Noi, adulti, siamo (dovremmo essere) in grado di autoregolarci (almeno chi lo vuole fare, chi ne ha la consapevolezza e capacità) ma i ragazzi no. Per i ragazzi sino ad una certa età è strutturalmente impossibile comprendere che possono aspettare ad avere una cosa che loro desiderano per il loro bene, comprendere l'importanza del saper spostare in avanti la fruizione di un piacere oggi in vista di un vantaggio ancora maggiore anni avanti.
Per noi genitori è tutto sommato semplice gestirli sino alle scuole elementari/prima media.. poi dalla pre adolescenza in avanti (stupendo L'ETA' DELLO TSUNAMI di Alberto Pellai) il gruppo degli amici diventa più importante di mamma e papà e siccome i loro amichetti lo avranno tutti lo vorranno anche loro. E sarà davvero difficile resistere. La scuola poi non aiuta, anzi ne è quasi complice grazie all'istituzione del registro elettronico il quale da un lato è uno strumento di gestione eccezionale, ma dall'all'altro disabitua i ragazzi ad usare il Diario cartaceo perché tanto i compiti sono segnati sull'app. E sono sempre di più i professori che fanno dei gruppi Whatsapp di classe per avere un contatto diretto. Non saranno evidentemente stanchi di ricevere messaggi con "grazie", "ok", "non posso", "va bene", "sono in ritardo".
Non è (stato) un problema solo mio. E' un problema di tutti. E quando il problema si sposta dal singolo alla moltitudine diventa sociale e dovrebbe diventare oggetto di dibattito politico e giuridico. E bene lo sanno le aziende produttrici di cellulare che dopo le prime versioni dei sistemi operativi hanno magicamente aggiunto nelle impostazioni la voce "benessere" perché in questo modo potranno scambiare le class actions di richiesta danni perché avranno facoltà di di poter dire che se tu avessi voluto avresti potuto limitarti (e in effetti tutti i torti non lo avrebbero). Ma da questo punto di vista siamo in ritardo, perché la politica non è mai stata capace di anticipare i problemi. Viene sempre dopo, a morto ormai freddo.
I sociali sono stupendamente progettati perché siamo inconsapevolmente portati a passare da un contenuto all'altro, da un reel all'altro. Registrano i nostri gusti e ci propongono sempre qualcosa di interessante, e noi avanti uno dopo l'altro quasi senza soluzione di continuità. A me capita sempre più spesso. Un reel con una ricetta, uno su un cammino in montagna, uno sulla tecnica del nuoto uno sulla mia squadra del cuore uno con una di quelle sciocchezze che mi fanno ridere e che io spammo senza rendermi conto ad altri pinocchi che in questo paese del balocchi si sono trasformati in somari come me.
E a questo proposito vale la pena ricordare che i figli dei maggiori CEO di aziende tengono bene lontani i loro figlio dai dispositivi elettronici (i più eclatanti dei quali sono, guarda caso, i figli di Steve Jobs e di Bill Gates.
Tutto questo per dire che gli smartphones e internet deve entrare nella vita dei ragazzi solo dopo una educazione digitale adeguata (conoscete L'ASSOCIAZIONE CAROLINA?) da parte delle scuole e dalle famiglie dove i genitori devono essere capaci di autoregolarsi per non farsi vedere sempre con il telefono sempre in mano, e siano stati capaci di indirizzare i ragazzi verso interessi che permettano loro di vivere esperienze reali, autentiche senza lasciarli in quel vuoto che lo smartphone va comodamente a colmare, togliendo loro l'esperienza della noia e della creazione del desiderio.
Ciao Eugenio ed ancora complimenti per questo ennesimo contenuto molto utile e profondamente condivisibile. Da parte mi seguo almeno un altro paio di "buone abitudini" per gestire al meglio il mio tempo ed il rapporto col telefono (chiamarlo ancora così ormai fa quasi... tenerezza) e i social:
1) quando ho bisogno assolutamente di concentrarmi per lavoro o per diletto di qualsiasi tipo (anche guardare un film, per esempio) tengo il telefono fuori dalla vista e dalla portata (meglio in un'altra stanza) e soprattutto silenzioso;
2) ho sostanzialmente disattivato tutte le notifiche, sia sonore che visive (in particolare quelle dei social), tranne quelle essenziali come le telefonate (ovviamente, anche perché è uno strumento di lavoro) e le app utili relative ai metodi di pagamento (anche per prevenire tentativi di hacking) e pochissime altre;
3) per motivi professionali ho anche attivato dei filtri legati alla tipologia dei contatti che mi possono "disturbare" solo in determinate fasce orarie. Per quest'ultima c'è voluto un po' per metterla a punto (mi sono perso alcune chiamate importanti) ma adesso direi che sta funzionando piuttosto bene.
Ultima nota: l'estate scorsa per un guasto alla rete dati nella casa di vacanza in Grecia e scarsissima copertura (era un posto un po' isolato, insieme alla mia famiglia ed altri amici, siamo rimasti per 10 giorni senza internet (tranne pochi momenti durante la giornata) ed al termine di quel periodo tutti abbiamo riconosciuto di esserci "disintossicati", facendo grandi partite serali a carte, tornei di scacchi e giochi di società. Una goduria totale. Grazie mille e continua così. Ad maiora semper. MB
questa newsletter mi tocca più di altre sia per ragioni anagrafiche (come te - forse più di te - ho vissuto adolescenza e primi anni di università in un mondo pre-internet e pre-telefonini e in cui era normale parlare al telefono con i genitori dei propri amici) sia perchè genitore di un bimbo nato in un modo ormai completamente immerso e pervaso da internet e da schermi vari (da cui proviamo a tenerlo per ora il più lontano possibile - anche al ristorante).
tutto quello che dici è assolutamente vero, lo vedo sia su me stesso e nel crollo del numero di libri letti (spesso sostituiti da uno scrolling di social o news) e in mio figlio che davanti a un qualunque schermo si ipnotizza.
e concordo che la soluzione non sia tornare al passato (anche sei imparare a fare ricerche sui libri o leggere una cartina forse non sono nozioni del tutto inutili) ma sia essere in grado di gestire in maniera consapevole (noi, ma soprattutto i nostri figli - anche alla luce di quello che avverà con l'avvento delle AI) questo potere; un potere che permette di conoscere qualsiasi cosa in pochi secondi ma anche un potere che non dimentica quello che viene condiviso e messo in rete, spesso senza pensarci troppo.
sperando che genitori, educatori ma anche ragazzi possano cogliere questo messaggio.
Ciao Eugenio,
grazie, ancora una volta, per questi contenuti: le tue newsletter sono sempre molto interessanti ma, sopratutto stimolanti.
In qualche modo mi aspettavo, prima o poi, una tua riflessione su questo tema, cosi importante e determinante per lo sviluppo dell'umanità intera (ho pensato bene prima di scriverlo ma non mi veniva altro: la pervasività degli smartphone è planetaria e abbraccia quasi tutte le fasce demografiche e sociali). Premetto che, mentre leggevo la tua newsletter, pensavo qualcuno mi stesse leggendo nel pensiero: a partire dalla necessaria premessa sul non scadere nel "luddismo" per finire ai consigli su come combattere questa dipendenza.
Essendo genitore di 3 ragazzi (dai 19 ai 9), combatto quotidianamente contro questa dipendenza, che vedo netta e inequivocabile (sopratutto nel piu grande dei 3).
E' però una lotta "donchishottiana" a colpi di discussioni, a volte pacate a volte piu accese, nelle quali provo a portare le stesse argomentazioni del libro ma che però non riescono davvero nell'intento. Sembrano capire, ci ragionano, convengono sul dover mettere un argine, magari riescono anche per qualche tempo ma poi...
Sicuramente il "repetita iuvant" quindi non smetterò e non mi darò per vinto ma sono anche certo che non basti la mia unica voce (pur essendo il genitore, quindi teoricamente una figura di riferimento).
Credo servirebbe un approccio piu sistemico al problema. Un po' come è stato per il fumo: all'epoca dei nostri nonni e bisnonni era un qualcosa di socialmente normale, accettato e "normale". Si fumava ovunque, praticamente a qualsiasi età e nessuno diceva nulla. Ci sono voluti 30/40 anni per capire i danni di questa dipendenza e, sopratutto, iniziare una campagna sistemica di sensibilizzazione. Se io non fumo è (anche) perche da adolescente ho vissuto questa lotta al fumo e ne sono stato "pervaso" (forse anche incosciamente)
La Scuola, anzitutto: i cellulari non entrano in classe, punto.
I Media: raccontare i danni di questa dipenza e raccontare, di più e meglio, come funzionano gli algoritmi che incollano le persone ed i motivi alla base: il profitto. ("Social Dilemma", disponibile su Netflix, sarebbe da far vedere a tutti!).
La Politica: vera tolleranza zero per l'utilizzo alla guida (giro in scooter e nelle auto vedo piu gente che guarda il telefonino di quanti guardano avanti!) e identità digitale verificata per iscriversi ai social (cosicche ciascuno sarà responsabile di cio che scrive, proprio come avviene nella realtà).
Scusami per la lunghezza del commento ma il tema mi appassiona tanto quanto mi impensierisce.
Grazie ancora
Grazie mille invece per aver voluto portare questo contributo! Buona lotta
Io, dopo aver visto le mie statistiche, ho messo il timer a Instagram di mezz'ora tramite l'app "Benessere digitale" di Google. Così quando sono in balìa dei reel come una drogata, a un certo punto si chiude l'app, diventa grigia e posso riaprirla solo il giorno dopo.
E funziona? Perché ho sempre avuto l'impressione che, potendo tranquillamente eliminare il blocco, sia un po' come mettere la pistola nell'armadietto, ma tenersi la chiave in tasca.
Certo, puoi sbloccarla, però la uso più che altro come sveglia per ricordarmi di non passare la mia vita così. Quando l'app si blocca, per me è sempre una piccola sconfitta, perchè vuol dire che ho passato 30 minuti della mia giornata a guardare video inutili (non i tuoi ovviamente, eheh!). Quindi non mi capita mai, se non in rarissime occasioni, di sbloccarla.
Complimenti, oltre a condividere con noi spunti di riflessione originali suggerisci anche ppssibili soluzioni ed opportunità per cambiare abitudini rischiose per la salute e la socialità. Non finirò mai di dirti bravo!!!! Grazie! 🫶
Grazie mille a te! È un lavoro che va necessariamente affrontato di squadra!
Ciao, sono madre di un bambino di 3 anni e sono qui per segnalare a chi è capitato qui, ma ha poco tempo da dedicare alla lettura causa figli piccoli e lavoro a tempo pieno, che il libro consigliato da Eugenio è anche disponibile sulla piattaforma Audible. Io lo sto ascoltando nei tragitti in macchina, ad esempio. Così posso anche aggiungere la mia voce alla premessa secondo cui la tecnologia può essere anche una forma di arricchimento se usata secondo coscienza e tracciando dei limiti sani. Buona lettura/buon ascolto.
Voglio condividere una tecnica di monitoraggio che ho conosciuto dal blog di Luke Gearing: lo USER_LOG. Funziona così: vicino al computer, o con te quando ti porti is cellulare dietro, tieni un quadernetto. Ogni volta che apri il computer o il telefono, scrivi l'orario a cui lo accendi, lo SCOPO per cui lo usi, e l'ora a cui pensi di spegnerlo. Essenzialmente, è come scrivere un contratto con se stessi che promette di non distrarsi, scritto nero su bianco. Funziona molto bene, la uso regolarmente.
Grazie mille! Interessante...
Condivido tutto quello che hai scritto ed essendo madre di tre figli sento moltissimo questo tema. Come genitore faccio tutto quello che posso, ma spesso mi scontro con l'onda del tempo diciamo così, e la mia sensazione è quella di sorreggere una montagna per, in qualche modo, tentare di proteggere la prole. Scuola, sport, in ogni luogo c’è da confrontarsi con questo.
Quando do un tempo oppure vieto l'uso di questi strumenti ai miei figli, passo inevitabilmente per la cattiva e per colei che vieta... Quindi la domanda spesso è farsi odiare ora e FORSE ringraziare dopo? Non che mi interessi essere ringraziata, vorrei solo che fossero adulti felici e completi... Insomma una dura prova.
Come genitore tento di dare l'esempio, limitando il più possibile l'uso dello smartphone nei momenti con la famiglia, vigilando sul mio Essere interiore diciamo, e scendendo a patti con la dopamina. Ciao Eugenio e grazie.
Ho una figlia adolescente dipendente dal cellulare (e un'altra che non lo è). E' difficile, e mi capita spesso di dirle che se avessi avuto il cellulare alla sua età avrei avuto lo stesso problema.
Purtroppo è difficile anche perché non si riesce più a toglierglielo. Togliere il cellulare significa toglierle la socialità ma anche l'accesso alle applicazioni che usa per studiare.
Sto lavorando sull'autoconsapevolezza, poi alla fine nella vita sono scelte. Tutti noi potremmo essere più produttivi se lo volessimo, l'importante è che abbiamo deciso di essere così.
Ho 53 anni e un'infanzia fatta di biciclette, mamme che ti chiamano dal balcone, interminabili partite a calcio e un adolescenza fatta di partite a calcio nella squadra della mia città, eroiche telefonate a casa delle ragazze che mi piacevano dovendo affrontare la mamma o il papà che rispondevano al telefono prima di loro.
Sono un ingegnere elettronico e lavoro nel mio settore (l'elettronica appunto) e nemmeno io vorrei più vivere in un mondo senza Internet (e pensate che quando al Politecnico qui a Torino ne studiavamo le primissime applicazioni decretai che avrebbe avuto vita breve…) ma lo smartphone, peggio ancora del laptop, è uno strumento che una volta che entra nella tua vita ci resta per sempre ed è talmente pervasivo che impone delle riflessioni e chiede sempre più delle decisioni non semplici ma necessarie.
Non è necessario saper suonare per capire che una musica è stonata. Non è necessario essere psicologi, filosofi, medici per capire quanto lo smartphone, e la TV prima dello smartphone (ma davvero vi sembra normale che ogni sera si chiudesse davanti alla TV?), possano essere impattanti nella nostra vita…e non solo in senso positivo, altrimenti non staremmo qui a scriverne.
Con queste consapevolezze ben prima che venisse il tempo di dare il cellulare alla figlia più grande (ora 14 anni) ho letto molti libri sull'argomento. Anche questo proposto da Radin (GENERAZIONE ANSIOSA). Consiglio FORTEMENTE i libri di Manfred Spitzer (DEMENZA DIGITALE ed EMERGENZA SMARTPHONE) e i libri del nostro Alberto Pellai (VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI). Il tema è talmente urgente da non poter essere più procrastinabile. Paralleli studi fatti in Francia dal Governo Macron e ed in Spagna confermano l'effetto devastante nello sviluppo cognitivo dei nostri ragazzi. La conclusione dello studio francese è che ai ragazzi dalle scuole elementari/media si potrebbe dare un cellulare tipo i nostri vecchi 3310 ma che il lo smartphone perennemente collegato ad Internet ed i Social vanno dai 14/15 anni in su. In Spagna i Social sono vietati sino ai 16 anni (in modo banalmente raggirabile) come anche in Australia ed in altri paesi.
Qualche tempo addietro parlavo di queste mie preoccupazioni ad una psicomotricista la quale mi raccontava che la comunità scientifica si stava interrogando dell'effetto che avrà sulle nuove generazioni il comportamento delle madri che allattando invece di ricambiare lo sguardo dei loro bambini lo tengono distolto perché swipano sul cellulare. E sì, perché durante l'allattamento i bambini cercano gli occhi della mamma in un meraviglioso scambio il cui scopo affettivo/evolutivo è ancora misterioso e sconosciuto. Quello che mi colpito è che noi pensiamo in astratto: facoltà cognitive, problemi di attenzione, ansia….ma nei ragazzi dell'età dello sviluppo quando il corpo esplode e il numero delle cellule si moltiplica quello che io pensavo fosse astratto diventa materia biologica viva, neuroni, sinapsi, percorsi sinaptici, assoni e tantissimi ben di Dio che realizzano quello che loro saranno da adulti e quello che noi, grazie alla neuroplasticità del cervello, diventeremo…inclusi l'aumento esponenziale di malattie senili come demenza ed Alzheimer la cui probabilità di manifestazione è destinata ad aumentare.
Noi, adulti, siamo (dovremmo essere) in grado di autoregolarci (almeno chi lo vuole fare, chi ne ha la consapevolezza e capacità) ma i ragazzi no. Per i ragazzi sino ad una certa età è strutturalmente impossibile comprendere che possono aspettare ad avere una cosa che loro desiderano per il loro bene, comprendere l'importanza del saper spostare in avanti la fruizione di un piacere oggi in vista di un vantaggio ancora maggiore anni avanti.
Per noi genitori è tutto sommato semplice gestirli sino alle scuole elementari/prima media.. poi dalla pre adolescenza in avanti (stupendo L'ETA' DELLO TSUNAMI di Alberto Pellai) il gruppo degli amici diventa più importante di mamma e papà e siccome i loro amichetti lo avranno tutti lo vorranno anche loro. E sarà davvero difficile resistere. La scuola poi non aiuta, anzi ne è quasi complice grazie all'istituzione del registro elettronico il quale da un lato è uno strumento di gestione eccezionale, ma dall'all'altro disabitua i ragazzi ad usare il Diario cartaceo perché tanto i compiti sono segnati sull'app. E sono sempre di più i professori che fanno dei gruppi Whatsapp di classe per avere un contatto diretto. Non saranno evidentemente stanchi di ricevere messaggi con "grazie", "ok", "non posso", "va bene", "sono in ritardo".
Non è (stato) un problema solo mio. E' un problema di tutti. E quando il problema si sposta dal singolo alla moltitudine diventa sociale e dovrebbe diventare oggetto di dibattito politico e giuridico. E bene lo sanno le aziende produttrici di cellulare che dopo le prime versioni dei sistemi operativi hanno magicamente aggiunto nelle impostazioni la voce "benessere" perché in questo modo potranno scambiare le class actions di richiesta danni perché avranno facoltà di di poter dire che se tu avessi voluto avresti potuto limitarti (e in effetti tutti i torti non lo avrebbero). Ma da questo punto di vista siamo in ritardo, perché la politica non è mai stata capace di anticipare i problemi. Viene sempre dopo, a morto ormai freddo.
I sociali sono stupendamente progettati perché siamo inconsapevolmente portati a passare da un contenuto all'altro, da un reel all'altro. Registrano i nostri gusti e ci propongono sempre qualcosa di interessante, e noi avanti uno dopo l'altro quasi senza soluzione di continuità. A me capita sempre più spesso. Un reel con una ricetta, uno su un cammino in montagna, uno sulla tecnica del nuoto uno sulla mia squadra del cuore uno con una di quelle sciocchezze che mi fanno ridere e che io spammo senza rendermi conto ad altri pinocchi che in questo paese del balocchi si sono trasformati in somari come me.
E a questo proposito vale la pena ricordare che i figli dei maggiori CEO di aziende tengono bene lontani i loro figlio dai dispositivi elettronici (i più eclatanti dei quali sono, guarda caso, i figli di Steve Jobs e di Bill Gates.
Tutto questo per dire che gli smartphones e internet deve entrare nella vita dei ragazzi solo dopo una educazione digitale adeguata (conoscete L'ASSOCIAZIONE CAROLINA?) da parte delle scuole e dalle famiglie dove i genitori devono essere capaci di autoregolarsi per non farsi vedere sempre con il telefono sempre in mano, e siano stati capaci di indirizzare i ragazzi verso interessi che permettano loro di vivere esperienze reali, autentiche senza lasciarli in quel vuoto che lo smartphone va comodamente a colmare, togliendo loro l'esperienza della noia e della creazione del desiderio.
Ciao Eugenio ed ancora complimenti per questo ennesimo contenuto molto utile e profondamente condivisibile. Da parte mi seguo almeno un altro paio di "buone abitudini" per gestire al meglio il mio tempo ed il rapporto col telefono (chiamarlo ancora così ormai fa quasi... tenerezza) e i social:
1) quando ho bisogno assolutamente di concentrarmi per lavoro o per diletto di qualsiasi tipo (anche guardare un film, per esempio) tengo il telefono fuori dalla vista e dalla portata (meglio in un'altra stanza) e soprattutto silenzioso;
2) ho sostanzialmente disattivato tutte le notifiche, sia sonore che visive (in particolare quelle dei social), tranne quelle essenziali come le telefonate (ovviamente, anche perché è uno strumento di lavoro) e le app utili relative ai metodi di pagamento (anche per prevenire tentativi di hacking) e pochissime altre;
3) per motivi professionali ho anche attivato dei filtri legati alla tipologia dei contatti che mi possono "disturbare" solo in determinate fasce orarie. Per quest'ultima c'è voluto un po' per metterla a punto (mi sono perso alcune chiamate importanti) ma adesso direi che sta funzionando piuttosto bene.
Ultima nota: l'estate scorsa per un guasto alla rete dati nella casa di vacanza in Grecia e scarsissima copertura (era un posto un po' isolato, insieme alla mia famiglia ed altri amici, siamo rimasti per 10 giorni senza internet (tranne pochi momenti durante la giornata) ed al termine di quel periodo tutti abbiamo riconosciuto di esserci "disintossicati", facendo grandi partite serali a carte, tornei di scacchi e giochi di società. Una goduria totale. Grazie mille e continua così. Ad maiora semper. MB
Caro Eugenio,
questa newsletter mi tocca più di altre sia per ragioni anagrafiche (come te - forse più di te - ho vissuto adolescenza e primi anni di università in un mondo pre-internet e pre-telefonini e in cui era normale parlare al telefono con i genitori dei propri amici) sia perchè genitore di un bimbo nato in un modo ormai completamente immerso e pervaso da internet e da schermi vari (da cui proviamo a tenerlo per ora il più lontano possibile - anche al ristorante).
tutto quello che dici è assolutamente vero, lo vedo sia su me stesso e nel crollo del numero di libri letti (spesso sostituiti da uno scrolling di social o news) e in mio figlio che davanti a un qualunque schermo si ipnotizza.
e concordo che la soluzione non sia tornare al passato (anche sei imparare a fare ricerche sui libri o leggere una cartina forse non sono nozioni del tutto inutili) ma sia essere in grado di gestire in maniera consapevole (noi, ma soprattutto i nostri figli - anche alla luce di quello che avverà con l'avvento delle AI) questo potere; un potere che permette di conoscere qualsiasi cosa in pochi secondi ma anche un potere che non dimentica quello che viene condiviso e messo in rete, spesso senza pensarci troppo.
sperando che genitori, educatori ma anche ragazzi possano cogliere questo messaggio.