grazie per questa tua riflessione, sempre acuta e ben argomentata. Seguo regolarmente le tue “pillole” su Instagram e trovo che il tuo approccio critico sia un ottimo stimolo per mettere in discussione certezze che spesso diamo per scontate.
Sono pressoché d’accordo su tutto, anche se lavorare su se stessi in questo senso non è affatto semplice: il nostro amor proprio e la tendenza a seguire schemi consolidati rendono il processo tutt’altro che lineare.
A volte, però, mi chiedo: siamo davvero convinti di vivere in una democrazia? L’Europa appare sempre più vincolata alle logiche di potenza degli USA, mentre l'Italia sembra perdere ogni confronto strategico, come dimostrato dal caso libico. I cittadini, nel frattempo, partecipano sempre meno alla vita politica, i media sono schierati, e l’idea che il nostro modello sia universalmente invidiato sembra più una narrazione autocelebrativa che una realtà condivisa.
Se poi guardiamo alla storia, le democrazie moderne come le intendiamo oggi nemmeno esistevano ai tempi di Kant, Schopenhauer o Platone. Eppure, proprio in quei contesti, tra regimi autoritari, imperi e città-stato oligarchiche, si sono formati i grandi pensatori che hanno gettato le basi del pensiero critico e della filosofia politica. Forse è proprio nei momenti di massimo contrasto e apparente decadenza che nascono le idee più illuminanti.
Nel caos mediatico attuale, viene spontaneo domandarsi: ha ancora senso arrovellarsi su questi temi, o stiamo solo alimentando un dibattito sterile senza effetti concreti? Forse, nonostante tutto, vale la pena continuare a cercare delle risposte.
Vivere in una democrazia, non significa vivere in un'utopia in cui non esistono rapporti di potenza, strategie machiavelliche e in cui i media sono completamente liberi e pronti a servire solo la libertà.
Una democrazia così intesa è anch'essa un concetto intelligibile, a cui possiamo avvicinarci, ma che nell'esperienza sarà sempre difettoso.
Ciò però non significa che non viviamo in una democrazia. Forse, per rendercene conto, dovremmo provare a vivere in un regime autocratico, allora forse ci renderemmo presto conto che tutti quei difetti che ci sembravano mali assoluti erano in realtà solo difetti.
Per quanto riguarda i grandi intellettuali, certamente nei momenti di sconforto e di difficoltà l'animo è più spinto a interrogarsi e a cercare soluzioni, ma non idealizziamo. Kant ebbe la fortuna di vivere nel regno di Federico II: sicuramente un sovrano autoritario, ma un grandissimo amante della filosofia e dei pensatori illuministi. Quando Federico morì e gli succedette Federico Guglielmo II (molto più conservatore) Kant fu costretto al silenzio per anni, senza poter pubblicare nulla.
In Argentina penso che nessuno creda più nell'infallibilità del leader. Tutti ci hanno deluso. Oggi l'aspetto economico è più importante della sua natura democratica. Il motto del nostro attuale presidente è “lunga vita alla libertà, carajo!” E in realtà sembra che si riferisca specificamente alla libertà economica. che non riguarda tutti. Se non ho accesso a un alloggio dignitoso, a un paniere alimentare di base, se non riesco a trovare un lavoro ben pagato, se la scuola che posso frequentare è di bassa qualità, quanto me ne frega? Ovviamente il nostro leader ha i suoi seguaci che devono pensare che sia infallibile. Ma anche loro devono ammettere che, se lo è, è nel campo economico... e fino a quel punto, niente di più... E finché non saranno soddisfatti i bisogni fondamentali della maggioranza degli argentini, ci sono molti dibattiti che siamo ben lontani dal poter sollevare.
«Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!». Potente, grazie
Ciao Eugenio,
grazie per questa tua riflessione, sempre acuta e ben argomentata. Seguo regolarmente le tue “pillole” su Instagram e trovo che il tuo approccio critico sia un ottimo stimolo per mettere in discussione certezze che spesso diamo per scontate.
Sono pressoché d’accordo su tutto, anche se lavorare su se stessi in questo senso non è affatto semplice: il nostro amor proprio e la tendenza a seguire schemi consolidati rendono il processo tutt’altro che lineare.
A volte, però, mi chiedo: siamo davvero convinti di vivere in una democrazia? L’Europa appare sempre più vincolata alle logiche di potenza degli USA, mentre l'Italia sembra perdere ogni confronto strategico, come dimostrato dal caso libico. I cittadini, nel frattempo, partecipano sempre meno alla vita politica, i media sono schierati, e l’idea che il nostro modello sia universalmente invidiato sembra più una narrazione autocelebrativa che una realtà condivisa.
Se poi guardiamo alla storia, le democrazie moderne come le intendiamo oggi nemmeno esistevano ai tempi di Kant, Schopenhauer o Platone. Eppure, proprio in quei contesti, tra regimi autoritari, imperi e città-stato oligarchiche, si sono formati i grandi pensatori che hanno gettato le basi del pensiero critico e della filosofia politica. Forse è proprio nei momenti di massimo contrasto e apparente decadenza che nascono le idee più illuminanti.
Nel caos mediatico attuale, viene spontaneo domandarsi: ha ancora senso arrovellarsi su questi temi, o stiamo solo alimentando un dibattito sterile senza effetti concreti? Forse, nonostante tutto, vale la pena continuare a cercare delle risposte.
Grazie ancora per il tuo lavoro, alla prossima!
Ciao Gianluigi,
grazie per il commento.
Vivere in una democrazia, non significa vivere in un'utopia in cui non esistono rapporti di potenza, strategie machiavelliche e in cui i media sono completamente liberi e pronti a servire solo la libertà.
Una democrazia così intesa è anch'essa un concetto intelligibile, a cui possiamo avvicinarci, ma che nell'esperienza sarà sempre difettoso.
Ciò però non significa che non viviamo in una democrazia. Forse, per rendercene conto, dovremmo provare a vivere in un regime autocratico, allora forse ci renderemmo presto conto che tutti quei difetti che ci sembravano mali assoluti erano in realtà solo difetti.
Per quanto riguarda i grandi intellettuali, certamente nei momenti di sconforto e di difficoltà l'animo è più spinto a interrogarsi e a cercare soluzioni, ma non idealizziamo. Kant ebbe la fortuna di vivere nel regno di Federico II: sicuramente un sovrano autoritario, ma un grandissimo amante della filosofia e dei pensatori illuministi. Quando Federico morì e gli succedette Federico Guglielmo II (molto più conservatore) Kant fu costretto al silenzio per anni, senza poter pubblicare nulla.
Grazie ancora e buona giornata
In Argentina penso che nessuno creda più nell'infallibilità del leader. Tutti ci hanno deluso. Oggi l'aspetto economico è più importante della sua natura democratica. Il motto del nostro attuale presidente è “lunga vita alla libertà, carajo!” E in realtà sembra che si riferisca specificamente alla libertà economica. che non riguarda tutti. Se non ho accesso a un alloggio dignitoso, a un paniere alimentare di base, se non riesco a trovare un lavoro ben pagato, se la scuola che posso frequentare è di bassa qualità, quanto me ne frega? Ovviamente il nostro leader ha i suoi seguaci che devono pensare che sia infallibile. Ma anche loro devono ammettere che, se lo è, è nel campo economico... e fino a quel punto, niente di più... E finché non saranno soddisfatti i bisogni fondamentali della maggioranza degli argentini, ci sono molti dibattiti che siamo ben lontani dal poter sollevare.